Inseguendo la Drava per ben 460 chilometri

di Franca Missanelli e Laura Benini

foto di Valeria Ferioli



Tutto è iniziato una sera, davanti ad una bella pizza….
Io e Valeria, parlando, scopriamo di avere la stessa settimana libera ad aprile, ma soprattutto abbiamo lo stesso desiderio di fare un bel giro in bicicletta. Dopo qualche giorno, si uniscono al nostro gruppo anche Laura e Annalisa. Ora dobbiamo decidere cosa fare. Vagliamo varie ipotesi e alla fine scegliamo la ciclovia della Drava.
La Drava è un affluente del Danubio, che nasce nel comune di Dobbiaco, in territorio italiano, e con i suoi 749 chilometri attraversa l’Austria, la Slovenia, la Croazia e l’Ungheria.
Visto che l’idea piace a tutte, iniziamo con i preparativi. Ognuna di noi studierà una o due tappe del viaggio.

Partiamo venerdì 19 aprile, nel primo pomeriggio. Ci troviamo davanti alla stazione, mamma mia ..., c’è un caldo incredibile, sembra estate! La Laura e l’Annalisa arrivano all’appuntamento con due biciclette luccicanti, sono infatti nuove di zecca, purtroppo si sono dovute attrezzare dopo il furto di quelle vecchie… ahimè.
Arriviamo a Dobbiaco in tarda serata, dopo circa sette ore, la stazione è completamente al buio, e l’atmosfera è un po’ spettrale. Riusciamo a trovare l’uscita e ci dirigiamo all’ostello poco distante.
Questo è un antico albergo, davvero imponente, e le sue mura trasudano una storia importante, è stato infatti edificato nel 1878 e ha ospitato personaggi famosi.

1 - Alla mattina, ci svegliamo sperando nel bel tempo, ma dalla finestra non si vedono neanche le montagne, è tutto grigio…ma si parte.
La pista ciclabile inizia proprio dietro la stazione di Dobbiaco e dopo pochi metri, incontriamo la neve, anzi il ghiaccio ….
Vado avanti io, per testare la situazione, ma la bici carica delle borse non sta tanto in piedi e rischio di cadere.
Ops.. tra di noi cala il silenzio. Tutte stiamo pensando a mille cose, che si fa ora?
Durerà molto questo tratto innevato? Riusciremo a proseguire?
Dovremo prendere il treno e spostarci un po’ più su? E là come sarà?
Nessuno parla ... continuiamo ad andare avanti con cautela e dopo quindici minuti di passione, l’incubo finisce e finalmente riusciamo a vedere la pista ciclabile sgombera da neve.
Ora sembra di volare sulle nostre due ruote ... bellissimo!!!
Mi rendo conto che andando in bicicletta, dopo neanche quindici minuti, ho già lasciato alle spalle i pensieri bui che mi accompagnano nella città, il lavoro che non mi soddisfa e in generale tutte le difficoltà che incontriamo nella quotidianità … penso solo a pedalare e ad osservare la natura che mi circonda.
Il paesaggio è da cartolina, peccato che non splenda il sole, i colori sarebbero più accesi.
Nella scaletta che abbiamo studiato a casa, la prima tappa va da Dobbiaco a Oberdrauburg, circa 77 chilometri.
Il primo tratto di questa tappa è quello che arriva a Lienz in Austria, tratto famosissimo, perché tutto in discesa e perché c’è il servizio del treno che ti riporta al punto di partenza, che in realtà è San Candido.
A Lienz facciamo una pausa e ci sediamo in un bel ristorantino, ci guardiamo attorno e vediamo delle persone in costume tradizionale, oggi è sicuramente un giorno di festa particolare. Mamma quanto sono alti questi austriaci …
Ci rimettiamo in sella e giungiamo ad Oberdrauburg.
La pensione che abbiamo scelto è sopra una collinetta immersa nel nulla ed è a gestione famigliare, la nonna, la figlia e la nipote di pochi anni. E’ qui che ci aspetta la fiera del fritto!
In effetti, la cena consisterà in una cotoletta gigante, un vassoio enorme di patatine fritte e crocchette di patate. Beh che dire ... andiamo a letto un po’ malconce ...

2 - Alla mattina il rito è sempre quello: spostare le tende e guardare fuori, non è una gran giornata, ma per lo meno non piove più per ora. Partiamo e da subito capiamo che oggi il percorso sarà ben diverso da quello di ieri, ... ahi ahi ahi ... ecco i famosi saliscendi immersi nel bosco e ben descritti nel libro della ciclovia, che sia Valeria che Laura controllano man mano. Laura in particolare apprezza molto il lirismo che traspare tre le righe del mitico Alberto Fiorin, l’autore, quando parla di soffice tappeto erboso, prati sconfinati, salita assassina, paesaggio rurale ... Quando si intravede una salita, c’è qualcuno che inizia a dire: “scala, scala”, ma dopo un po’ diventa talmente automatico cambiare le marce, che nel silenzio si sente solo il rumore del cambio.
Ma che fatica, è uno sforzo che ti fa sudare tantissimo e che ti fa pensare solo ad arrivare fino alla cima per poi prendere la discesa. Io per prima ho sempre ammesso di essere una ciclista da pianura, anche se le mie origini non sono padane, ma montane, sono abituata al massimo a percorrere gli argini del Po e del Reno...
Il respiro si fa affannoso, ma cerco di concentrarmi e di capire la tecnica da utilizzare.
Chi di noi va su, senza problemi, è Annalisa che è la più allenata del gruppo … il dubbio di essere ‘davvero scarsa’ mi assale prepotente ...
Passiamo per diversi paesini dove non c’è nulla, se non una chiesa ed un negozio sportivo, che non manca mai.
I locali sono tutti chiusi, vorremmo riposarci in un bar, ma niente.., non ci rimane che sederci davanti ad un ristorante chiuso e mangiarci le nostre barrette-pastine della sopravvivenza. Valeria infatti ci ha istruito bene (lei che si è fatta la Passau-Budapest) e si è raccomandata che portassimo sempre con noi qualcosina per i tempi di magra. Ripartiamo ed ecco che passato un ponte, dove non è chiaro il percorso, capiamo che c’è qualcosa che proprio non va, così lo ripassiamo e arriviamo infatti ad una strada bloccata.
Caspita, questo è un vero imprevisto … che si fa? Stanno costruendo il ponte e non c’è alcuna indicazione su una possibile deviazione. Non ci resta che andare su una strada trafficata, talmente trafficata che due persone in macchina cercano di dissuaderci dal farla. Non abbiamo scelta, procediamo in fila indiana in silenzio a fianco delle auto, che ci sfrecciano accanto veloci. Appena possiamo deviamo e ci ricongiungiamo con la nostra pista ciclabile. Passiamo per Spittal e poi proseguiamo un po’ per evitare di dormire in città.
C’è un vento pazzesco che ci fa decidere in fretta e al primo alberghetto ci fermiamo, i chilometri della giornata sono settanta. La vista dalla mia stanza, non è male … c’è un sereno e pacifico cimitero, con tutte le tombe piene di fiori. Il paese è quello di Molzbichl e sembra un paese fantasma, forse perché è domenica ed è tutto chiuso. Nell’albergo ci sono solo uomini che bevono, ci sentiamo un po’ osservate… che dire ...
Mettiamo le biciclette nella stalla dove c’è una gran puzza, ma sono al sicuro. Anche qui ceniamo con la mitica cotoletta ... evvai ... qui il piatto nazionale è ovviamente lei, la cotoletta, che qua chiamano Schnitzel.

3 - Siamo a lunedì e ci rimettiamo in sella: destinazione intermedia Villach, dove arriviamo per ora di pranzo. Facciamo un giro per la città, mangiamo un panino con i semini, beviamo un caffè lungo e siamo pronte per ripartire. Da Villach avremmo potuto andare al lago di Ossiacher See, attorno al quale c’è una bella pista ciclabile che gira tutto attorno per quasi 40 chilometri, ma visto il cielo plumbeo e l’atmosfera poca vacanziera che ci circonda, decidiamo di proseguire lunga la nostra ciclovia.
Da questo punto in poi, troviamo tantissimi sali e scendi e a volte se non si è attente a prendere un po’ di rincorsa prima della salita, non rimane che scendere dalla bicicletta e spingere a mano, mentre le altre ti urlano di spostarti per non essere travolta.
Sudando, arriviamo al paesino di Rosegg, dove inizialmente avevamo deciso di fermarci, nonostante la pioggia. Dimenticavo ... la pioggia ci sta facendo compagnia dal primo pomeriggio. In un momento di sconforto, dove dobbiamo decidere se fermarci o continuare, sostiamo sotto una tettoia aspettando che spiova e Valeria tira fuori della cioccolata, un uovo di Pasqua a pezzi, fantastico !!!
Con questo carburante non possiamo che andare avanti!
Il paesino di Rosegg è davvero carino, ci sono casette splendide, con cuoricini appesi ai muri, tetti di forme molto particolari e molto diversi dai nostri, eh sì, siamo proprio in Austria.
I giardini attorno alle case sono curatissimi, non c’è niente fuori posto, ma soprattutto ci sono loro, i nani da giardino: Dotto, Brontolo, Pisolo, Mammolo ... Qui nessuno li ruba, sono al sicuro.
Iniziamo a sentire la stanchezza, siamo a quota 70 chilometri e la Drava è sempre lì, al nostro fianco.
Proviamo a cercare da dormire nel primo borgo che incontriamo, ma non abbiamo fortuna, perciò dobbiamo proseguire. Riprendiamo l’argine e poi incontriamo un ponte di legno con tettoia, davvero bello.
Questi ponti sono provvidenziali e così decidiamo di fare un’altra sosta per ammirare il paesaggio e osservare l’acqua che scorre sotto di noi, piuttosto arrabbiata e scura.
Dopo 89 chilometri finalmente arriviamo a Strau, dove troviamo uno degli alberghi che avevamo contattato da casa. Oh... siamo troppo felici di parcheggiare le biciclette e fare una bella doccia calda e riposarci.
L’albergo è un casermone, con i corridoi che assomigliano a quelli dell’hotel di Shining, non c’è tanta gente, come in tutti quelli che abbiamo visto fin’ora.

4 - Alla mattina di martedì, attenzione ... c’è il sole !!! Riprendiamo l’argine della Drava, con tutta la pioggia che è venuta abbiamo paura che ci sia del fango e invece il terreno, anche se sterrato è piuttosto duro e soprattutto curato e pulito. Mentre pedaliamo, apprezziamo la pace che ci circonda, non incontriamo nessuno ...
Giungiamo ad un ponte molto lungo, in cui la Drava è talmente larga che sembra un lago.
Finalmente con il sole, riusciamo ad apprezzare i riflessi sull’acqua che fanno strani giochi.
Ci fermiamo nel mezzo del ponte ad osservare le nostre biciclette che ci hanno portato fin lì, siamo felici. Risaliamo in sella e raggiungiamo la sinistra della Drava. In tarda mattinata ..ecco un altro imprevisto ... uffi!
La strada è interrotta per lavori e come nel precedente caso, non è indicato alcuna possibile strada alternativa. Anche questa volta proviamo ad andare avanti, visto che tale interruzione è datata agosto 2012 e speriamo vivamente che nel frattempo abbiano concluso i lavori.
In effetti, incontriamo il cantiere un po’ abbandonato, anche qui stanno costruendo un nuovo ponte (ma quanti ce n’è …) che però è quasi ultimato.
Decidiamo di mandare in avanscoperta Valeria e da buone amiche, aspettiamo che lei lo superi fino in fondo, non si sa mai …Tutto ok, si passa, non solo, ritroviamo anche le indicazioni della ciclovia che ora è indicata come ‘R1’. Dopo aver passato un boschetto e poi un piccolo lago, arriviamo alla salita di Volkermarkt.
Capiamo solo dopo che questo paesino rappresenta una deviazione dal nostro itinerario ... la salita è allucinante e alla fine decidiamo che non ne valeva proprio la pena. Dopo la salita però possiamo godere la discesa a 40-45 Km/h. Laura prima di una discesa, ci incita urlando: buttatevi !!!
A metà pomeriggio siamo un po’ stanche ma non troviamo nessun albergo aperto, forse in questi posti è ancora un po’ prestino per il turismo, sono sicura però che da maggio, la gente arriverà.
Andiamo ancora avanti, incontriamo alcuni ponti, tra cui uno molto particolare , sembra un ponte tibetano e traballa parecchio.
E’ obbligatorio scendere dalla bicicletta e andare uno alla volta, bellissimo! Sotto c’è una vegetazione splendida e verdissima. D’ora in poi per fortuna incontriamo solo discese fino al paesino di Pudlach, nei pressi di Lavamund, dove ci accoglie il simpatico gestore di una piccola pensione.
Da Ferlach a Lavamund sono 89 chilometri. Per cena supplichiamo il ragazzo di non servirci la solita cotoletta, non ne possiamo più e lui con molta pazienza ci accontenta.

5 - Alla mattina del mercoledì ci svegliamo con il sole, scendiamo a fare colazione e troviamo una tavola piena di cose buone, che ci rallegra e ci fa sentire a casa.
La colazione per tutte noi è un momento importante e questa tavola così imbandita è davvero una festa: panini di diversi tipi, yogurt, salumi, formaggi, the, caffè lungo, latte. Mentre apprezziamo questo momento, parliamo e parliamo, beh questa attività non ci ha mai abbandonato. Eccoci pronti, sistemiamo le nostre borse sulle bici e partiamo.
Si ricomincia con i sali e scendi e la campagna sterminata. Ma dove c’è campagna, c’è anche quel profumino di letame che ci invade. Questa volta è proprio tosto… Laura prova ad andare in apnea, ma è dura …
Insieme a sterminati campi coltivati, ci sono i trattori che sfrecciano come bolidi, Valeria si chiede quanti ne possiedono in media i contadini di queste zone. Sono proprio tanti…
Arriviamo a Dravograd e qui ci fermiamo per fare un vero briefing e decidere cosa fare per il resto della giornata. Guardando le cartine, decidiamo che arriveremo tutte a Podvelka e da lì Annalisa e Laura prenderanno il treno per Maribor, mentre Valeria ed io faremo un tratto di strada statale, per evitare un percorso di montagna molto impegnativo e poi attraverso strade minori arriveremo a Maribor, la nostra meta.
Alla fine facciamo circa 70 chilometri e siamo davvero soddisfatte. Giungiamo ad un hotel nel centro della città e solo dopo la doccia ritroviamo Annalisa e Laura che ci raccontano la loro esperienza, che è davvero curiosa.
Succede infatti che alla stazione di Podvelka, loro fanno la conoscenza del bigliettaio che è anche controllore e tecnico e a dieci minuti dall’arrivo del treno, manovra uno scambio a mano, girando due grandi ruote che rimandano ad un meccanismo sotto il marciapiede, che fa anche da pensilina.
Che strano, a mano…. nel 2013...
Ci raccontano che ci mette alcuni minuti e quando intuisce lo stupore di Laura e Annalisa, trova anche il modo di fare una battuta di spirito, dicendo che il risultato di cotanta tecnologia risale ai tempi dell’Oster-reich.
In effetti, dopo aver passato una settimana in territori che per anni sono stati contesi tra Austria e Slovenia, subendone le dominazioni decise a tavolino, è comprensibile, che uno sloveno sottolinei ironicamente il dettaglio di “Reich” riferendosi all’Austria.
Dopo esserci ritrovate tutte a Maribor, decidiamo si andare a mangiare in un bel localino, dove viene ricreato l’ambiente di un condominio a ringhiera, con i panni stesi che penzolano. Tra gli avventori c’è un gruppo di signori attempati che cantano, ma sono così bravi che credo facciano parte di un coro.
Finalmente assaggiamo anche dei cibi balcanici, buonissimi ... slurp... slurp.
Le mie amiche si strafanno di birra ... io invece bevo solo acqua.
Dovrebbero ringraziarmi di abbassare la media del tasso alcoolico del gruppo….

6 - La mattina dopo è giovedì, ci incamminiamo senza le nostre biciclette, ed è una sensazione strana, sento le gambe un po’ durette, non sono più abituate ad essere ben distese. Decidiamo di andare al centro informazioni turistiche, perché ci piacerebbe proseguire ancora lungo la nostra Drava, dopo aver fatto il giro della città.
In effetti, scopriamo che un percorso fattibile c’è.
Possiamo raggiungere la cittadina di Ptuj, la città più vecchia della Slovenia, che sembra essere molto carina, con un bel castello che sorge sulla collina.
Visto che sono circa 60 chilometri andata e ritorno decidiamo di partire. Qui non c’è nessuna pista ciclabile, ma solo strade minori che costeggiano il fiume.
Ai lati bellissime case con giardini altrettanto belli. Improvvisamente vedo le ragazze fermarsi, guardo in su e vedo sopra un palo della luce un nido enorme e accucciata una bella cicogna.
Le macchine passano, ma lei sembra non essere disturbata dal frastuono... rimaniamo un po’ ad osservarla e poi riprendiamo. Arriviamo ad un incrocio e ci accorgiamo di aver perso Laura, ma dov’è? Ci dice Annalisa che era più avanti, che ha seguito l’indicazione per Ptuj, proseguendo per una salita allucinante. Ebbene sì, si è fatta prendere da un attacco di sportività ed è partita per la cima, poi una volta arrivata su, si è girata e si è accorta che nessuno l’aveva seguita… Ops...
Una volta resasi conto di questo, era tristissima perché nessuno avrebbe potuto documentare la sua più bella impresa sportiva in solitaria, mannaggia…
Noi eravamo appoggiate alla bicicletta ad aspettarla, e quando l’abbiamo vista scendere come un missile, abbiamo applaudito. In effetti, di segnato in questo percorso non c’è quasi nulla, possiamo solo affidarci alla cartina, ed è Valeria la più esperta che ci riconduce ad una strada ovviamente più in basso che pian piano ci porta alla bella Ptuj. Qui, dopo aver visitato la città, ci sediamo in un bar e ci mangiamo un bel gelato.
Scopriamo che questa cittadina è un centro vitivinicolo, ed infatti vediamo i vigneti qua e là.

7 - Venerdì all’alba prendiamo il treno per Lubiana dove arriviamo in tarda mattinata, in tempo per lasciare bici e bagagli all’ostello che ci ospiterà per gli ultimi due giorni: si chiama Celica che in sloveno significa “cella” perché l’edificio è un ex carcere militare costruito a fine ‘800 dall’impero austroungarico, in uso fino agli anni ’90 e poi ristrutturato ad opera di un gruppo di artisti, architetti e scienziati con lo scopo di farne una sorta di museo aperto perché molte celle sono affrescate dai detenuti e un punto di incontro in cui i giovani possano esprimere la loro creatività e confrontarsi sulle loro esperienze di vita.
Lo troviamo davvero un luogo molto stimolante, arricchito da un centro sociale adiacente che dal tardo pomeriggio e fino a notte fonda diventa il fulcro della vita notturna della città con musica, feste ed espressioni artistiche di varia natura, con uno spirito di aggregazione pacifico e gioioso.
La nostra prima giornata a Lubiana trascorre tra passeggiate lungo i numerosi canali che attraversano il centro cittadino, ricco di localini e ristoranti allettanti, una visita al castello che domina la capitale slovena e la consueta sosta all’ufficio informazioni per sondare le opportunità per il giorno seguente.
Alla sera ottima cena, anche se non proprio tipica e subito in branda perché la levataccia all’alba si fa sentire; alcune di noi svengono letteralmente per poi risorgere la mattina, altre continuano a rigirarsi nel lettino della nostra celletta perché, nonostante i tappi alle orecchie, la movida del centro sociale è acusticamente invadente.

8 - Sabato 27 aprile a Lubiana è festa nazionale, una sorta di celebrazione della libertà e dell’identità nazionale, una “festa del risveglio delle coscienze dall’oppressore”, questo almeno è quello che abbiamo capito cercando di intervistare i partecipanti ai cortei in piazza. Noi ci siamo organizzate per passare la giornata negli immediati dintorni, ovviamente con la bici e cominciamo subito recandoci al giardino botanico, passando per i resti del muro romano, pochi metri di quel che doveva essere una della prime fortificazioni della città.
Il cielo è grigio e non promette bene, ma la pioggia ci risparmia, anche se parchi e giardini con una luce così sinistra non ne guadagnano in attrattiva.
Al pomeriggio decidiamo per una visita ad un “museo degli esperimenti”, un piccolo edificio in pieno centro dove principi fisici vengono spiegati in modo interattivo e molto accattivante: noi ci adattiamo immediatamente, torniamo ad avere sei anni e ci divertiamo da morire!
Uscite da lì, la fame ci assale, o forse assale solo una del gruppo…perciò andiamo alla ricerca di un bar per l’aperitivo e di un ristorante: ne scoviamo uno piccolissimo, tutto candele e ricami, dove ci coccolano parecchio mandandoci via soddisfatte.

9 - La sveglia suona alle 5.30, la giornata è soleggiata, la città e la stazione dei treni ovviamente deserte, ci sistemiamo sul treno in direzione Nova Gorica: pochi viaggiatori, quasi tutti addormentati, per un viaggio lunghissimo e lentissimo che però ci regala scorci inaspettati sull’Isonzo e sulle montagne della Slovenia.
A Gorizia abbiamo il tempo per una colazione come si deve, che ci serve per affrontare l’impatto con le ferrovie italiane: inutile dire che non reggono il confronto con quelle slovene, per non parlare delle austriache!
Il controllore è di malumore e per niente collaborativo, ci guarda con impazienza mentre issiamo le bici sul vagone che almeno è grande e può ricevere anche le bici di un gruppo numeroso che sale a Udine.
Dopo un cambio treno al cardiopalma a Mestre iniziano i problemi: il vagone per il trasporto bici è piccolissimo, ci sono già due mezzi, noi ne aggiungiamo quattro e i ragazzi giunti da Udine ben otto: il controllore ci sgrida neanche avessimo quindici anni e ci costringe a spostare tutte le bici, componendo un tetris da primo premio, pena scendere dal treno. A Rovigo un’altra comitiva di ciclisti dovrà rinunciare a salire: sinceramente non ci sta più neanche uno spillo!
A parte il disguido, giungiamo a Ferrara in una bella giornata calda di sole e all’orario prefissato: siamo un po’ tristi per la fine della nostra avventura quindi decidiamo di concederci un gelatone all’acquedotto, il miglior modo per coronare la conclusione della nostra “sbiciclata” già con la mente rivolta alle prossime imprese!

Franca Missanelli e Laura Benini
Fotografie di Valeria Ferioli
Inseguendo la Drava per ben 460 chilometri
Ferrara, maggio 2013


Sintetica scheda della cicloescursione

Partecipanti: Laura Benini, Valeria Ferioli, Annalisa Marani, Franca Missanelli

Bibliografia: A. Fiorin, Ciclovia della Drava. Da Dobbiaco a Maribor, Ediciclo Editore, 2009
www.drauradweg.com

Periodo: dal 19/04/2013 al 28/04/2013

Tappe percorse in sella alla bicicletta:
1. Dobbiaco-Oberdrauburg: km 77
2. Oberdrauburg-Spittal: km 75
3. Spittal-Strau: km 90
4. Strau-Pudlach: km 80
5. Pudlach-Podvelka: km 45; Pudlach-Maribor: km 30
6. Maribor-Ptuj e ritorno: km. 62