Ultime ciaspolate di primavera
di Gabriele Villa
Riflessioni e valutazioni preparatorie in premessa
Le previsioni meteorologiche sono sempre più matte perchè matto è
diventato il tempo, oramai è un dato di fatto.
Per il fine settimana, stavolta, annunciavano una perturbazione a
portare neve di venerdì e bel tempo primaverile sabato e domenica con
notevole rialzo termico, ovviamente il grado di pericolo valanghe è
quanto meno di grado 3, a salire, in base agli apporti di neve, da
valutare sul posto e ispirandosi alla prudenza.
Uno pensa subito alla neve "pappa", al camminare con le ciaspole
appesantite dalla neve bagnata ma, a guardare bene i valori delle
temperature, ci si accorge che il giovedì 11 e venerdì 12 aprile (giorni
in cui arriva e passa la perturbazione) sono a livello
invernale con le massime diurne ancora ben sotto allo zero.
Gli apporti di neve fresca sono calcolati nell'ordine dei venti
centimetri a mille metri il venerdì e la temperatura notturna prevista
per sabato e domenica è ancora alcuni gradi sotto lo zero durante la
notte, quindi con ogni probabilità neve un po' crostosa al mattino per
mollare progressivamente durante la giornata, però, scegliendo versanti
esposti a nord e tratti boscosi, si può sperare di avere neve
migliore, oltre ad evitare il pericolo valanghe.
Sono valutazioni che uno inizia a fare a metà settimana e che, al
venerdì, devono portare alla scelta di un luogo che risponda alle
caratteristiche di sicurezza e al tipo di divertimento che si intende
ottenere.
Nel nostro caso siamo stati facilitati dalla chiusura degli impianti di
sci e così abbiamo potuto scegliere un posto che rispondeva in pieno
alle necessità che volevamo: quote non troppo elevate e quindi
dislivelli contenuti, esposizione favorevole dei versanti da salire e
quindi sicurezza, assenza di sciatori e quindi possibilità di
"esplorare" zone normalmente "off limits" per i ciaspolatori, con la non
trascurabile caratteristica di un'ubicazione che offre panorami che
danno un preciso significato al modo di dire "nel cuore delle Dolomiti".
Il riferimento geografico sarà noto a tutti perchè si tratta del Col dei
Baldi, nello stupendo comprensorio sciistico del Civetta, le cime
raggiunte lo saranno meno perchè non le conoscevamo nemmeno noi,
infatti, prima le abbiamo salite con le ciaspole ai piedi e poi, alla
sera, abbiamo guardato la cartina per scoprire come si chiamavano.
La Roa Bianca, piccola cima per un grande panorama
Siamo partiti per la ciaspolata quasi alle dieci e trenta, dall'ultima
curva della strada per Forcella Staulanza, (quota 1.715 metri) seguendo
la forestale verso Casèra Vescovà e la neve cominciava un poco a mollare
nelle zone al sole e scrocchiava sotto le ciaspe nelle zone dove gli
alberi proiettavano la loro ombra sulla traccia.
La meta non era ancora ben definita, era "intanto arriviamo a Col dei
Baldi, poi ci guardiamo intorno".
Passare per Casèra Vescovà dà delle belle sensazioni perchè in
quell'angolo di montagna, soprattutto con le linee morbide che disegna
la neve, si percepisce una specie di magia, un alone quasi fiabesco.
La strada da seguire è intuibile e sagomata dalla neve, peccato che in
fondo ci siano le piste da sci e i tracciati degli ski lift a chiudere
gli accessi nella stagione invernale, altrimenti sarebbe il paradiso
della ciaspola; oggi però niente di tutto questo, gli impianti hanno
terminato la stagione e non si vede un'anima in giro.
Il tracciato dello ski lift lo usiamo per risalire direttamente fino a
Col dei Baldi, anche se l'ultimo tratto e assai ripido ma almeno non si
sprofonda nella neve e il fondo è regolare e ciò ci agevola.
Sulla sommità solo tre scialpinisti che stanno prendendo il sole e
mangiando qualcosa prima di lanciarsi nella discesa verso valle, tutto è
silenzio e mi fa un certo effetto pensare al via vai di sciatori che si
trova qui durante la stagione, alla musica che esce dagli altoparlanti e
agli odori di cucina che escono dai camini dei rifugi.
Basta girarsi dall'altra parte e la sensazione svanisce, il Pelmo riempie
quasi completamente il panorama e, un po' a destra, si distingue una
piccola cima bianca molto caratteristica, una di quelle che non
noti quando hai gli sci ai piedi e ti preoccupi soltanto di scegliere la
pista dalla quale scendere: ecco, dunque, trovato dove salire.
Seguiamo la pista di collegamento che porta in direzione Val Zoldana, la
abbandoniamo dopo qualche centinaio di metri e, in neve tutta da
battere, seguiamo il richiamo di quella cimetta puntuta di cui non
conosciamo il nome.
Gli ultimi cinquanta metri che conducono alla cima sono entusiasmanti,
vuoi perchè la neve è "buona", vuoi perchè la cima del Civetta si erge
slanciata e affascinante, infine, una volta raggiunto il cucuzzolo, ti
accorgi quanto sia esiguo e panoramico nonostante la quota relativamente
bassa, con i suoi 1.960 metri.
Possiamo ritornare sui nostri passi e rientrare all'auto, con la
convinzione di avere scelto il posto giusto per un ottimo fine settimana
e, quasi sicuramente, le ultime belle ciaspolate di primavera.
A sera, la cartina ci fornirà anche il nome, Roa Bianca, oltre a darci
lo spunto per la meta del giorno dopo.
Il Col dai Dof, lungo la dorsale che porta al Monte Cròt
La mattina successiva siamo ancora lì a parcheggiare al tornante di
Forcella Staulanza, alla solita ora (le dieci e mezza) ma senza avere
fatto i soliti 260 chilometri per venire su dalla pianura ed è tutta
un'altra cosa.
Oggi, cartina alla mano, sappiamo esattamente quale è la nostra meta e
ci incamminiamo velocemente, nella stessa direzione di ieri, ma stavolta
rimanendo sulla forestale che porta a Casèra Fontana Fredda.
La neve è meno dura di ieri ma la traccia è battuta e, oltre la Casèra,
c'è addirittura la pista di un gatto delle nevi che conduce fino a
Forcella Pécol, da cui si domina la Val Fiorentina; qui arrivano le
piste che scendono a Pescùl e seguendo una di queste, ma verso l'alto,
arriviamo in cima al dosso, esatto dirimpettaio di Col dei Baldi.
Qui
finiscono gli impianti e davanti abbiamo il bosco, la traccia è da fare e
la carta non indica alcun sentiero.
Dovremo procedere "a sentimento" nel bosco rado in direzione est per una
distanza che abbiamo stimato in circa un chilometro.
Dopo un primo tratto agevole, il bosco si presenta meno rado di quel che
sembrava all'inizio e noi ci dirigiamo verso tutto ciò che può sembrare
il punto più alto.
Superiamo qualche tratto abbastanza ripido, arrivando su una "falsa"
cima (tra l'altro quotata, ma non nominata, nella cartina al 25.000).
Finalmente arriviamo sulla cima vera, una calotta bianca e senza alberi
dalla quale lo sguardo "galoppa" tutt'intorno: siamo soltanto a 1.974
metri ma lo scenario è davvero stupendo.
Da lì possiamo notare con precisione che il Monte Cròt (obiettivo non
dichiarato, ma fortemente sperato) ha una cuspide terminale con pendii
troppo ripidi per pensare di affrontarli con grado 3 e il sole che
allenta la neve.
Mentre stiamo fermi per mangiare qualcosa notiamo
una cima sul versante opposto, proprio nelle vicinanze del Col dei
Baldi, la quale non è propriamente slanciata ma sufficientemente ben definita per
far scattare in noi l'attrazione.
Ritorniamo velocemente sui nostri passi fino al punto dove arrivano gli
impianti di Pescùl e, siccome quando non ci sono gli sciatori il
ciaspolatore la fa da padrone, scendiamo per la "direttissima" dello ski
lift ed arriviamo di nuovo a Casèra Fontana Fredda, trenta minuti esatti
dopo essere partiti dalla cima del Col dai Dof.
Alla Casèra ci fermiamo cinque minuti per un sorso d'acqua e una
"taratura" del vestiario perchè adesso non si può che stare in maglietta
a maniche corte, poi riprendiamo la traccia dello ski lift e scendiamo
fin giù alla partenza e da lì prenderemo la traccia dell'altro ski lift che
ci riporterà verso il Col dei Baldi e la cima che non conosciamo.
In cima al negletto Col de le Code
Noi
cittadini pensiamo che solo le montagne alte e importanti abbiano un
nome, o al limite quelle più basse e ben isolate dalle altre e invece,
non solo hanno un nome anche quelle secondarie ma tutte quelle che hanno
una sommità delineata; magari sono chiamate Col o Sass o Spiz o Crèpa,
ma state certi che hanno un nome.
Noi, soci del CAI Ferrara che quest'anno per festeggiare i 150 anni del
Club Alpino Italiano ci siamo inventati di salire 150 cime nel corso del
2013, le cime le cerchiamo con maggiore attenzione del solito, in modo
da farci la fotografia sulla vetta (come da regolamento dell'iniziativa)
con l'apposito stemma realizzato per l'occasione.
Anche con quell'idea da attuare, ci siamo messi di buona lena a risalire
la traccia di salita dello ski lift, però stavolta, in vista del Col dei
Baldi, abbiamo deviato a sinistra e, ancora una volta fuori traccia,
abbiamo raggiunto la sommità del nostro "colle" e, al momento di fare la
foto, consultata la cartina della Tabacco, ci siamo accorti che la cima
era quotata ma non ne veniva riportato il nome.
Fiduciosi che il nome la nostra cima lo doveva comunque avere, ci siamo
fatti la foto pensando che avremmo trovato sicuramente una cartina che
avrebbe saputo dare una risposta alla nostra curiosità.
La risposta l'abbiamo avuta giù a Zoldo, guardando una carta su di un
tabellone che pubblicizzava i luoghi della zona e scoperto che eravamo
stati sul Col de le Code, quota 1.930 metri sul livello del mare.
Alla fine abbiamo ringraziato le nostre "piccole" cime, la Roa Bianca,
il Col dai Dof, il Col de le Code ci hanno portato a sfiorare i 2.000
metri di quota senza nemmeno raggiungerli, ma ci hanno regalato due
giorni di belle ciaspolate, di panorami stupendi e di visioni sulle cime
vicine più grandi, il Civetta e il Pelmo, incombenti su di loro, e la
Marmolada un poco più discosta, ma ugualmente imponente.
Abbiamo potuto provare che cosa significa stare "nel cuore" delle
Dolomiti.
Gabriele Villa
Ultime ciaspolate di primavera
Gruppo del Civetta (Zoldo), 13 e 14 aprile 2013
Nota della redazione.
Il Col dai Dof si trova sulla dorsale del Monte Cròt che incombe su
Forcella Staulanza e non va confuso con una cima quasi omonima, il Col
di Dof (altezza 1.917 metri) che si trova nella stessa zona e poco
distante ed è raggiunto da una seggiovia che parte da Pala Favera di
Zoldo Alto.