Tu chiamale se vuoi ... ricognizioni


di Gabriele Villa

 

 

Avevo scritto qualcosa per intraisass circa l'Appennino, definendolo la mia "montagna minore" e non certo per volerlo snobbare o sminuire, ma spiegando le ragioni del mio pensiero.
 

"Per me, amante dei Monti Pallidi, con tante estati giovanili trascorse a Pecol di San Tomaso agordino, paesino con vista sulla ammaliatrice parete nord-ovest della Civetta, in anni seguenti dolomitista incallito, l’Appennino è sempre stato sinonimo di una “montagna minore”. Minore perché non c’erano gli apicchi verticali sui quali poter arrampicare e quello, evidentemente era il mio personale metro di misura della bellezza della montagna."

Non si trattava quindi di un giudizio "di merito", ma la conseguenza del fatto che all'Appennino guardavo con l'animo dell'alpinista e non con lo spirito dell'escursionista e, infatti, ogni volta che mi è capitato di andare all'Appennino ne ho sempre subito il fascino dei luoghi e dell'ambiente, pur se ci sono andato sempre da "alpinista".

Infatti, la mia frequentazione è stata prevalentemente invernale, in seguito alle uscite dei corsi di alpinismo, alle uscite di aggiornamento degli istruttori, e anche come sciatore agonista (si fa per dire, ovviamente) per la fase regionale del Trofeo delle Regioni al quale partecipavo con la squadra dello Sci CAI Ferrara.
In tempi seguenti ho poi visto l'Appennino anche nella veste autunnale, frequentando le "castagnate" della sezione del CAI, per giri tutto sommato abbastanza limitati e sempre verso la fine del mese di ottobre quando i colori autunnali sono nel pieno del loro tripudio con tutte le sfumature del giallo, marrone e rosso.

Mi mancava invece l'Appennino estivo, quello dell'escursionista che risale pendii boscosi, vaga per crinali assolati, risale creste erbose e sassose con panorami in cui lo sguardo può spingersi lontano per chilometri e chilometri, ma prima o poi sapevo che avrebbe ben dovuto capitarmi anche questa esperienza....

 

Ci voleva che si originasse una strana alchimia, una di quelle che nascono nel pentolone della sezione del CAI, per la commistione di diversi ingredienti e di inaspettati e imprevisti fattori.

Ci voleva che due nuovi soci, Roberto e Monica, proponessero una gita proprio sull'Appennino per andare a risalire i Balzi dell'Ora in un giro per i crinali de La Nuda e del Corno alle Scale e siccome questi due soci arrivano da Bologna e sono poco conosciuti in sezione, qualcuno suggerisse la presenza di un accompagnatore "tecnico" in grado di affiancare i due neo direttori di gita nel caso se ne fosse presentata la necessità.

Quando me lo avevano proposto avevo accettato volentieri il ruolo di accompagnatore tecnico, poi, abbastanza inaspettatamente, leggendo il bollettino sezionale, mi sono trovato "promosso" a direttore della gita.

C'era da chiedersi se più di una "promozione" per me non si fosse trattato di una specie di "retrocessione" degli altri due, ma questo non faceva il fatto: come si fa tra persone che guardano poco alla forma e più alla sostanza, al momento opportuno, ci siamo dati appuntamento per l'indispensabile ricognizione del percorso gita, e così, per la prima volta nella vita, mi sono trovato a girare sull'Appennino in piena estate.

Inizia alle sette di mattina presso la rotonda vicino al ponte di Sasso Marconi questo che vuole essere un piccolo diario di emozioni e di sensazioni più che di azioni perchè, ancora una volta e più delle altre, il fascino dell'Appennino mi ha suggestionato e le foto che ho fatto (poche purtroppo) me lo hanno ricordato anche a ricognizione terminata. 
Carico Roberto e Monica sulla Punto "grigio qualunque" che già ospita Rita e Cristina che quando proponi loro di andare a camminare non si tirano mai indietro e, a pieno carico, arriviamo a Madonna dell'Acero. 

Rapidi preparativi e ben presto s'inizia a camminare per strada forestale in un bosco di faggi che sembra non voler finire mai, fino a imboccare il sentiero che indica per La Nuda: si chiacchiera piacevolmente e il passo è lento e cadenzato, in un clima molto rilassato.

Guadagniamo quota e il bosco pian piano diventa in prevalenza di aghifoglie e attendiamo il momento di uscirne per finalmente guardarci intorno e lasciare correre lo sguardo.

La luce che filtra tra i rami aumenta e annuncia l'imminenza del momento che però arriva improvviso, come se si fosse varcata una porta e, improvvisamente, ci troviamo "all'aperto" e possiamo vedere su in alto la cresta del Fabuino.

 


 

La temperatura è gradevole e noi iniziamo a salire la cresta molto tranquillamente, mentre mano a mano l'orizzonte si allarga sempre più, abbracciando le colline circostanti e tutta la pianura intorno.

Anche questa è una sensazione abbastanza inedita, caratteristica dell'Appennino, dove l'occhio può correre liberamente per chilometri e chilometri senza incontrare ostacoli, mentre alle Dolomiti questo succede solo per le cime più alte e non sempre arriva ad abbracciare la pianura.

 


 

La traccia si snoda su un tappeto verde punteggiato di fiori, stese di mirtilli lo affiancano, mentre nuvole bianche si muovono veloci in un cielo azzurro intenso e, giocando con il sole, lasciano chiazze d'ombra qua e là, ora smorzando, ora esaltando i colori dei fiori e dei prati.

 

E siccome fatti "non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza", come dice il Sommo Poeta, eccomi dare un'occhiata su Wikipedia per avere qualche nota in più su questo luogo che affascina.
[ Il Monte La Nuda (m. 1827 s.l.m.) si trova nella Regione Emilia-Romagna, in Provincia di Bologna, di fronte ai Balzi dell’Ora, la cresta Nord strapiombante e dentellata del Corno alle Scale (m. 1945 s.l.m.) ed è separato da quest'ultima dal Passo del Vallone, stretta sella dalla quale si scorge il ripidissimo versante orientale che incombe sulla valle del fiume Silla. Il monte La Nuda è situato all’interno del Parco regionale del Corno alle Scale ed è così chiamato perché la sua parte più elevata è completamente priva di vegetazione arborea ed arbustiva: sulle sue pendici si osservano il vaccinieto e praterie rocciose che ospitano specie floricole anche rare, tipiche dell’ambiente pietroso.
Tra il monte La Nuda e il Corno alle Scale si può osservare l’esistenza di un antico circo glaciale: chiaro esempio della conformazione del Parco Regionale. Il Circo del Cavone venne modellato, alla fine del Quaternario, durante il periodo del Würm, da 10.000 a 70.000 anni fa, da un ghiacciaio che erose lentamente le pendici del Corno alle Scale e della Nuda. Nella parte bassa del circo glaciale si trova la sorgente del Rio Piano ed un laghetto ove sorge il Rifugio del Cavone. Quest'area per il suo assetto geomorfologico è meritevole della massima tutela. Dal suddetto rifugio si diparte uno dei sentieri che portano alla Nuda.
Dalla vetta si godono spettacolari vedute sul Parco regionale del Corno alle Scale. Il panorama spazia a 360 gradi ed è bellissimo: nelle giornate limpide, la vista si spinge fino alle Alpi Apuane ed al Mare Tirreno.
]

Proprio in cima a La Nuda sostiamo per mangiare qualcosa, guardare la cartina per prendere conoscenza dei luoghi, apprendere i nomi dei rilievi circostanti, osservare le nuvole che si rincorrono nel cielo azzurro proiettando ombre scure sulle ondulazioni verdi dell'Appennino; anche questo è uno spettacolo inconsueto, così come lo sono, quasi tutti, i nomi dei rilievi circostanti: Cupolino, Spigolino, Libro Aperto, Cimone.

 

 

La seconda parte della nostra ricognizione ci porterà a scendere al Passo del Vallone per poi risalire i Balzi dell'Ora

che ci porteranno in vetta al Corno alle Scale, di cui si legge ancora su Wikipedia.
 

[ Il Corno alle Scale (1.945 m s.l.m.) è una montagna dell'Appennino settentrionale, nel comune di Lizzano in Belvedere, divisa tra le province di Bologna, Pistoia e Modena. Costituisce, inoltre, la maggiore altitudine delle prime due. Parte del suo territorio è compreso nell'omonimo parco regionale, istituito nel 1988.
Dal punto di vista orografico la montagna si presenta nettamente differenziata fra il versante settentrionale e quello meridionale. Il versante meridionale, che tributa nel fiume Lima tramite il torrente Verdiana, e quello nord-occidentale, che adduce nel Leo tramite il Dardagna, si presentano come caratterizzati da gibbosità ricoperte da praterie sopra i 1.500 m s.l.m. Il versante nord-est, che tributa al Reno tramite il fiume Silla, si presenta assai impervio e caratterizzato da una parete a balze rocciose pressoché verticale, chiamata "Balzi dell'Ora", di fronte al Monte La Nuda. Questa parete, alta circa 1.000 m sul fondovalle del Silla, non trova riscontro in nessuna altra formazione orografica appenninica, eccetto che in Abruzzo. Sulla cima, nelle vicinanze del burrone che precipita verso i Balzi dell'Ora, fu posta una grande croce metallica alta 15 m, visibile da decine di chilometri di distanza.
Proprio per questa sua peculiare caratteristica, la vetta della montagna costituisce vertice principale di triangolazione delle rete geodetica italiana.
]

Un'altra particolarità che noto in questa escursione appenninica è che molto spesso ci si gira indietro, proprio per il fatto che lo sguardo può spaziare lontano ed è così che si coglie in pieno il significato del nome della cima appena salita, La Nuda, nel suo significato di "svestita di vegetazione".
Ma è sulla cima del Corno alle Scale che dobbiamo arrivare valutando quelle che possono essere le insidie di questo tratto nei confronti di una gita sociale del CAI.

Concludiamo che in caso di terreno reso viscido dalle piogge ci possa essere un certo pericolo e decidiamo che ci porteremo una corda per allestire un eventuale corrimano nei punti scivolosi.

Oggi, intanto, e nonostante la pioggia dei giorni precedenti, tutto sta andando bene e la gigantesca croce di vetta oramai fa capolino alla sommità del tratto.

E' veramente gigantesca questa croce e, al di là di quello che può essere il suo significato religioso, si può tranquillamente dire che è un'enorme bruttura.

 

 

 

Sulla vetta ci concediamo un'altra pausa un po' discosti da alcuni escursionisti abbastanza rumoreggianti, con annesso cane abbaiante a tutti quelli che si avvicinano, compresi due biker super accessoriati che arrivano su pedalando con agilità. Qui si sente parlare molto in toscano, il dialetto veneto è assente, particolare che rende immediatamente il senso dell'Appennino, luogo "altro" rispetto alle solitamente frequentate Dolomiti.
 

Oggi gioco "fuori casa", ma devo dire che mi sto divertendo e la compagnia è piacevole e rilassante, nonostante Cristina che continua a menarla con non so quale "orrido" da andare a vedere che poi scopriamo essere laggiù, sul fondo di una valle abbandonata da Dio e dagli uomini, quasi a ricordare che anche qui, sull'Appennino, non si scherza con l'ambiente selvaggio, altroché "montagna minore", d'inverno ancora più che d'estate.
 

Ora scenderemo con calma verso il Passo dello Strofinatoio (ma da dove l'avranno tirato fuori un nome così), e ci fermiamo a discutere perchè il Lago Scaffaiolo sembra lì a portata... di piede.

Cupolino, Spigolino e Cimone sono adesso sovrastati da una strato di nuvole grigie, ma la pioggia ancora non è incombente.

La discussione è breve, oltre che pacata, e alla fine prevale il senso pratico, visto che siamo in giro da cinque ore e ce ne vorranno altre due o forse tre per arrivare all'auto. Quindi scendiamo per il vallone del rifugio Sasseto (piccolo rifugio abitualmente chiuso di cui si possono avere le chiavi chiedendo giù a Lizzano in Belvedere) ed è qui che incontriamo uno strano piccolo abitante dei luoghi, un animaletto tutto verde che subito mi affretto a fotografare.

Sorge spontanea la domanda: ma che cosa sarà?

"Ci vorrebbe Valeria" - dico agli altri.  

Adesso invece penso che, siccome è una affezionata lettrice di intraigiarùn, leggerà queste note e vedrà la foto, così sono sicuro che, non appena ci vedremo al CAI, mi saprà dire il nome dell'animaletto curioso che, per intanto e fino ad allora, manterrà il nomignolo che gli ho affibbiato provvisoriamente, "Grillone Verdicchio".

Il sentiero finisce con lo sbucare sulle piste da sci e per queste arriviamo al Cavone dove ritroviamo Monica che ci aveva lasciato al Passo del Vallone, ed è lei che ci conduce sul sentiero delle cascate del Dardagna lungo il quale si svolgerà il percorso di quella che, nelle gite CAI, siamo abituati a chiamare Comitiva B.

Scendiamo per gradoni e le andiamo a vedere una ad una; l'apporto d'acqua è abbondante ("Molto più degli altri anni" - ci dicono Roberto e Monica che vengono spesso da queste parti) e lo scenario è davvero suggestivo



 

Con il ritorno al parcheggio di Madonna dell'Acero si conclude la nostra ricognizione: siamo stati in giro quasi otto ore, trascorrendo una giornata davvero divertente.

Penso tra me e me che tornerò volentieri anche con la gita, ai primi di ottobre, curioso di vedere gli stessi luoghi ad inizio autunno, quando i colori estivi già avranno iniziato a trasformarsi in quelli autunnali, rinnovando la magia dell'Appennino che, l'ho promesso a me stesso, d'ora in poi, non chiamerò più "montagna minore".

Gabriele Villa

Tu chiamale se vuoi ... ricognizioni
Sabato 7 agosto 2010