Diario "flash" di un corso di alpinismo
ovvero
"Ho visto cose che voi umani nemmeno potete immaginare"

 

 

Testo e foto di Gabriele Villa

 

 

Un corso di alpinismo è un'avventura collettiva che somma l'esperienza didattica dell'imparare le nozioni base dell'andare in montagna, (sia su roccia che su neve e ghiaccio) con gli aspetti umani che derivano dalle cosi dette "dinamiche di gruppo", da quell'insieme di caratteri e personalità che interagiscono fra loro durante un percorso formativo che dura quattro mesi, da inizio marzo a fine giugno.

Devo dire che nel corso di alpinismo proposto dalla Sezione del CAI di Piacenza, il "gruppo docente" pone una grande attenzione ad entrambi gli aspetti perchè viene ritenuto importante l'aspetto tecnico al pari di quello umano, cioè del "socializzare" nei momenti di pausa e nei viaggi di trasferimento (spesso svolti con il pullman), del condividere l'esperienza formativa passo dopo passo, non solo nel gruppo degli allievi, ma anche fra questi e gli istruttori. 

E' per questi motivi che mi trovo bene in quel gruppo docente e sono sempre più soddisfatto di farne parte.

Credo che questo "diario" (spontaneo e casuale al tempo stesso, scritto di getto dopo avere effettuato l'ultima uscita pratica) sia frutto, soprattutto, di questa intima soddisfazione e spero che traspaia sia delle immagini che dalle parole messe insieme al termine del 29° corso di alpinismo di questo anno 2009, terzo della mia appartenenza alla Scuola di Alpinismo "Bruno Dodi" di Piacenza.

 

 


 

 

Ho visto Lino, uno degli istruttori, dopo un paio d'ore di paziente didattica spesa a far "passi" sulla neve, punti di sosta con la piccozza, prove di trattenuta del compagno con la sicurezza a spalla e di auto arresto con la piccozza, portare il suo gruppo didattico su una collinetta di neve (un "montarozzo", detto alla buona) e continuare il lavoro pazientemente e con scrupolo, su quello spazio esiguo e in equilibrio quasi precario.

Ho pensato che quella era proprio "voglia di vetta".

 

 

 

Alla base del versante nord del Monte Penna.
Appennino Piacentino.

Domenica 22 marzo 2009

 

 


 

 

Ho visto Giovanni, uno dei miei due allievi sulla cresta del Monte Castello di Gaino (Lago di Garda) sorridere felice mentre arrampicava su quel bel calcare ruvido e lavorato.

Per lui, escursionista di vecchia data con una conoscenza delle Dolomiti veramente approfondita in anni di assidue escursioni, il corso di alpinismo è stato "una scelta consapevole", con il preciso intento di andare oltre il già fatto.

Dopo i rudimenti in palestra di arrampicata non gli sembrava vero di essere lì, in cordata, a realizzare quel "passo avanti" che si era riproposto di fare ed è stato un piacere per me averlo in cordata in quella specie di "battesimo dell'arrampicata".

 

Ho visto Erica, la mascotte del corso con i suoi tredici anni, schernirsi spesso sui passaggi difficili, a volte chiedere al suo capocordata (il burbero, ma non troppo, Lucio) "...e qui come faccio?".

Poi ho visto che se la sapeva cavare sempre senza aiuti, né consigli, e così ho capito che quel suo schernirsi era un po' un compiaciuto vezzo, anche perchè con la tecnica se la sapeva cavare bene. 

 

 

Ma la cosa più sorprendente che ho potuto vedere quel giorno a Monte Castello di Gaino sono stati gli infaticabili operatori del "Gruppo riavvolgitori di corde".

Questi gruppi sono sorti spontaneamente da quando è invalsa l'abitudine di far su le corde "a bambola" (e il dubbio è che si dica così perchè gli allievi dei corsi nel far su le corde vanno letteralmente in "bambola") e non più a "spire semplici" come si era sempre fatto in lunghi anni di pratica alpinistica.

Così ora, quando arrivate in cima, questi volonterosi intervengono subitaneamente, normalmente a gruppi di tre, ma a volte possono essere anche più numerosi, e in una quindicina di minuti (al massimo mezz'ora) avete la corda perfettamente avvolta.  

 

 

Monte Castello di Gaino - Domenica 3 maggio 2009  

 

 


 

 

Ho visto Giovanna, molto concentrata e un po' intimidita, apprestarsi a scendere una corda doppia e l'effetto ottico non faceva minimamente intuire il vuoto di trenta metri che c'era sotto, sicché sembrava proprio una corda doppia "nel verde".

 

Ho visto Osvaldo, Filippo e Pietro stare più di due ore appesi alle corde a provare manovre di autosoccorso che probabilmente avranno già dimenticato (Pietro no però, perchè è l'istruttore e lui ha l'obbligo di ricordarsele e di saperle fare) e nonostante tutto sorridere contenti che faceva piacere al solo guardarli.   

 

 

Groppo del Dente delle Ali - Sabato 16 maggio 2009

 

 


 

 

Ho visto un peso di metallo di 80 chilogrammi cadere ripetutamente e ogni volta alcuni zelanti allievi lo risollevavano con lena per poter effettuare un'altra prova di resistenza dei materiali.

Poi qualcuno ha detto "... adesso basta, vogliamo le donne a tirare su il peso".

Sembrava solo una battuta un po' provocatoria ed invece ecco le "donne del corso" andare diligentemente alla fune, anche se (a dire il vero) due nerboruti sono rimasti al loro posto ad aiutare, anche se con molta discrezione.

 

 

 

Ho visto e fotografato (e se volete potete pure chiamarlo "culo") ciò che non si era mai potuto vedere e cioè il diabolico moschettone a braccetto aperto proprio nell'istante in cui si spezza.

 

Al momento dello scatto, il peso da 80 chilogrammi è già caduto, la corda si è tesa e il moschettone a braccetto aperto non ha potuto resistere allo sforzo: i pezzi di moschettone volano via come proiettili, ma la macchina fotografica ha colto l'attimo in cui un pezzo di alluminio vola nell'aria.

 

 

 

Nei meravigliosi boschi di faggio dell'Appennino Piacentino ho visto bolle di luce disegnare il sottobosco, macchiandone il tappeto color marrone di chiazze bianche come fossero grumi di neve residua, mentre il verde delle foglie da poco cresciute era rigato dalle linee grigio scure dei tronchi degli alberi.

 

 

Rocca del Prete - Appennino Piacentino - Domenica 17 maggio 2009

 

 


 

 

Ho visto e fotografato cose che a volte gli umani nemmeno riuscirebbero a immaginare.

La montagna è bella, a volta è pure facilmente raggiungibile con gli impianti di risalita anche da chi non ha attrezzature o capi d'abbigliamento consoni alla quota che si raggiunge ed al conseguente freddo che si può incontrare, specie se si arriva alla base di un ghiacciaio.

Qualcuno si scoraggia e rinuncia, altri vanno anche senza attrezzatura specifica, altri ancora si "arrangiano" come possono, magari inventando soluzioni improvvisate al momento, se non di fortuna. 

La signora che abbiamo "incrociato" a Pian dei Fiacconi, ad esempio, ha pensato bene di riparasi dal freddo con un paio di teli da bagno in sostituzione della classica giacca a vento.

 

 

Ho assistito a prodigiosi esperimenti di lievitazione dei cordini, ottenuta con la sola forza del pensiero e l'imposizione delle mani, oltre che con la segreta speranza che gli stessi cordini non debbano mai servire per realizzare dei nodi auto bloccanti.

 

 

Rifugio Pian dei Fiacconi in Marmolada - Sabato 20 giugno 2009

 

 


 

 

Al ritorno dalla cima della Marmolada e prima di iniziare il viaggio di rientro a casa c'è stato il solito pic nic.
 

Mentre qualcuno preparava il "desco" ho visto succedere cose inimmaginabili.

 

Si è giocato ad un estemporaneo "schiaffo del soldato", ma con varianti molto particolari, sia per dove veniva dato lo schiaffo (facilmente intuibile dalla foto), sia per l'introduzione della "pedata del soldato".

 

 

Giovanna, che aveva infilato i pantaloncini corti nonostante la fredda "bavetta" d'aria che spirava attorno al Lago Fedaia, ha prontamente rimediato rannicchiandosi all'interno della felpa, a mo' di baco da seta.

 

Al contempo Faimòl si è fumato una sigaretta appollaiato su di un palo della staccionata, con sommo sprezzo del pericolo, non tanto per essere sul'orlo della scarpata che si affaccia sul lago, quanto per il palo stesso.

Comunque, per vostra tranquillità, posso assicurare che il palo non era appuntito, come si può facilmente intuire anche dal sorriso rilassato dello stesso Faimòl.

 

 

Ma ancora dovevo vedere e sentire cose come difficilmente succede agli umani ...
 

Poco prima di salire sul pullman si è sentita una voce gridare: "Tutte le donne del corso a fare una foto con Angi".

Angi si è subito ringalluzzito perchè l'idea gli era piaciuta e le ragazze si sono prestate ben volentieri.

Angelo (detto Angi) è un piccoletto di una notevole simpatia: parlata con smaccato accento milanese, è sempre disponibile con le ragazze del corso anche quando queste rivolgono le domande più incredibili ed assurde.

 

E' allora che, con fare gentile e un po' affettato, lo si sente dire: "Guardi, signorina ... adesso le spiego", incurante

del fatto che gli altri istruttori subito prendono a canzonarlo: "E' inutile che ci provi sempre...".

 

Sicché, anche stavolta, mentre il fotografo di turno scattava la foto non poteva mancare la battuta feroce:

"Grande Angi, sei l'unico italiano che può vantare di avere sei badanti!".
 

 

Lago Fedaia - Domenica 21 giugno 2009

 

 


 

 

E ho visto anche quelle cose che voi umani, che amate andare in montagna, conoscete bene.

Ho visto settimane intere di bel tempo stabile, con il sole che batteva a picco sulle città, mentre la colonnina del termometro saliva ben oltre i trenta gradi.

Ho sentito l'umidità dell'aria aumentare fino a farla diventare irrespirabile.

Allo stesso tempo ho ascoltato le previsioni del tempo annunciare, più volte, l'arrivo di una forte perturbazione proprio nel fine settimana in concomitanza dell'uscita pratica del corso di alpinismo.

Pur con tutta la buona volontà, quest'anno la regola delle uscite CQT (Con Qualsiasi Tempo) non ha funzionato.
Così ho sentito il cellulare ricevere il fatidico messaggio (per la prima volta in tre anni): "Uscita annullata!".

Ogni uscita è però stata recuperata, grazie all'abnegazione e disponibilità degli istruttori.

Così è stato per l'uscita sui canali innevati del Monte Penna, così per la cresta del Monte Castello di Gaino, con istruttori che addirittura hanno fatto due uscite consecutive nello stesso posto a distanza di tre giorni (1 e 3 maggio) mentre l'uscita alla falesia del Budellone è stata sostituita da una giornata presso la palestra del CAI Piacenza, al chiuso, ma con la possibilità di svolgere un buon programma didattico. 
Alla fine il corso non ne ha risentito più di tanto e gli obiettivi didattici sono stati completamente raggiunti.

 

Ugualmente ho visto cose che alla maggior parte degli umani possono sembrare impensabili.

Ho visto il meteo terrificante di metà settimana trasformarsi gradatamente fino a "virare" quasi al bello, nel senso che la nevicata prevista per il sabato si è scaricata al venerdì notte, il sabato è diventato variabile e la domenica ha  regalato una giornata un po' fredda, ma di sostanziale bel tempo.

Così l'uscita finale del corso che prevedeva la salita a Punta Penia della Marmolada è riuscita perfettamente.

 

Le condizioni della neve hanno consentito la progressione anche fuori traccia permettendo di "personalizzare" il percorso, la temperatura fresca ha agevolato la progressione riducendo fatica e sudorazione, al punto che sono stati "bruciati" i tempi di salita alla vetta (1 ora e 40 minuti per la prima cordata condotta da quel "saltamontagne" di Massimo, 2 ore secche per la seconda, quella mia con il "presidentone" Franco e l'allenato Osvaldo).

Una finestra di sole all'arrivo sulla vetta ha regalato, infine, anche quell'occhiata al panorama che ci ha riempito gli occhi di montagne e di ampi orizzonti.

 

 

 

 


 

 

Così è finito il 29° Corso di alpinismo del CAI di Piacenza e negli occhi resterà l'ultima immagine che potrebbe sembrare quella di una fotografia male riuscita per l'insorgere della nebbia che copre la cima della montagna ambita.
E invece è proprio quello che la rende bellissima ... intrigante ... agli umani che la sanno guardare.
 

 

Così appariva la Marmolada alle sei del mattino, poco prima di iniziarne la scalata.

La Regina delle Dolomiti ci voleva ricordare di essere tale e si nascondeva coprendosi la testa con un velo di nuvole e foschia, ma leggiadra e un po' provocatrice, lasciava al contempo scoperto l'addome rotondo, illuminato dal sole, un po' come fanno le ragazze moderne quando indossano quelle magliette corte e attillate che ne disegnano i fianchi lasciando parzialmente scoperta la pancia a mostrare l'ombelico.

Così l'abbiamo immaginata, prima di salirne i fianchi e il ricordo resterà a lungo nella mente.

 

 

Diario "flash" di un corso di alpinismo
ovvero "H
o visto cose che voi umani nemmeno potete immaginare"
 
Testo e foto di Gabriele Villa

Ferrara, 22 giugno 2009