Incursionismo nell'escursionismo
testo di Angelo Bolognesi, Michele Pifferi, Leonardo Caselli
fotografie di Leonardo Caselli
Nessuno sa che, per ragioni umanitarie, ci siamo infiltrati nel
corso di escursionismo.
Quanto andiamo a riferirvi viene scritto a bassa voce, come la
parola d’ordine di una banda di fuorilegge.
Facce tirate, pochi convenevoli, qui non si scherza. Cominciamo.
Ore 7.00. Sul piazzale, maestoso e regale come un ippopotamo, ci
aspettava il Millenium Falcon, il nostro torpedone, due piani di
morbidezza.
Dopo le lezioni sui pericoli della montagna, sull’abbigliamento e
sulle tecniche di orientamento, era giunto il momento di metterli
alla prova.
Riguardo al numero degli allievi, dobbiamo dire che il Corso di
Escursionismo è l’unico reality che non elimina i concorrenti, anzi,
ne aggiunge sempre.
Una proiezione attendibile ci dice che nel 2020 saranno 4/500 e si
sposteranno col jumbo.
Verrà introdotta nel programma una lezione teorica di paracadutismo
su dolomia.
Il nostro driver, dopo aver sistemato la calamita “vai piano e
pensa a me” con la foto di Schumacher, ha puntato l’ogiva verso
i monti dell’Appennino Tosco-Amazzonico.
Obiettivo: i contrafforti boscosi delle Terre dei Sòccmel,
popolo dalle usanze irriferibili in questo contesto ma
sostanzialmente non disprezzabili.
La scelta della mèta non avrebbe potuto essere più oculata e felice
al fine di mettere alla prova le capacità di orientamento degli
allievi.
E’ una zona, infatti, dove basta un niente, per smarrirsi tra gli
infidi barbecue.
Veloci come Bengi quando si pettina, siamo giunti a Sasso Marconi.
Qui, nel piazzale antistante la stazione ferroviaria, il pachiderma
meccanico ha svuotato le sue interiora. Il materiale che ne è uscito
è stato suddiviso in gruppi dal Direttore del Corso che, come i
telegiornali durante gli scioperi RAI, si presenta in formato
ridotto.
Il nostro sogno nel cassetto era quello di infilarci nel suo gruppo.
Ovvio.
E qui, si impone una riflessione.
Nel Vangelo secondo San Marco, 11,24 si legge : “Tutto ciò che
chiedete nelle vostre preghiere, credete di averlo già ottenuto e
l’otterrete.”
Ma quella vecchia canaglia di Oscar Wilde, ci ricorda che “Ci
sono soltanto due tragedie. Una, non ottenere ciò che si vuole;
l’altra, ottenerlo.”.
Ora, in pratica, senza menare troppo il torrone, per fortuna o
purtroppo siamo riusciti ad infiltrarci nel gruppo di Herr Direktor,
alias il Grande Puffo.
Dopo aver distribuito ai malcapitati quel po’ di attrezzatura
raccogliticcia consistente in:
1) qualche bussola con l’ago disegnato,
2) alcune cartine scala 1 : 25000 della Sila,
3) Yo-Yo e Tricche-Tracche,
4) Amuleti assortiti,
5) Una copia di “ Perdersi nella Natura “ di Andrey
Peryboski,
in una concitazione degna della sceneggiatura di un film di
Tarantino, con la fierezza in volto e l’ardimento nei cuori, ci
siamo inoltrati tra le insidie della vegetazione emiliano -
tropicale, sotto la protezione di Zagor.
Ricordiamo caramente quanti, dalle finestre delle case vicine, ci
guardavano come si guarda partire una nave.
Come pellegrini in cerca di redenzione, superato senza troppi timori
un lungo e pericoloso sottopassaggio che, ad un più attento esame si
è rivelato essere sovrastato nientepopòdimenoche dal cavalcavia,
pensate, dell’Autostrada (quella del Sole, mica bruscolini), ci
siamo inerpicati per un erto e insidioso sentiero.
Una leggera fanghiglia, in breve tempo, ci ha resi simili ai
ciclisti della Parigi- Roubaix.
Tra il gracchiare delle rice-trasmittenti che scatarravano mozziconi
di frasi stile “Platoon”, il nostro direttore, cui è stato assegnato
il titolo di “Nano più alto del Mondo“, astuto e attento come una
faina, in un impeto di furore didattico, ci ha fatto notare le
tracce lasciate nel fango da un cavallo. Poco oltre, quelle di una
bicicletta.
Infine quelle di un cavallo in bicicletta, sorprendendoci per la
nettezza del pensiero non sempre ugualmente limpido.
Tangibile è calato sugli allievi un senso di abbandono.
Ma come sosteneva il Bardo “la fortuna guida dentro il porto anche
navi senza pilota”.
E così è stato, visto che, inspiegabilmente, tutti quanti i gruppi
si sono ricongiunti su di una collinetta in località Mugnano di
Sopra.
Caso? Maledizione? Sortilegio?
Difficile pronunciarsi.
Comunque, lì, sono iniziate le prove di orientamento con la bussola.
MINCHIA !!
Avrebbe detto un nostro amico siculo di fronte a un così possente
impegno.
Fior di cervelli si sono ingobbiti nello sforzo di dare lettura agli
azimut, in un’aria di tensione da grandi rese dei conti con la
storia.
Di fronte a un simile, massiccio sfoggio di concentrazione, noi ce
ne stavamo attoniti ad osservare l’impresa, rimuginando nel nostro
piccolo che se Bengi e Ruggero avessero un capezzolo sulla testa,
visti dall’alto sembrerebbero due tette che camminano.
Assorti in così profonda meditazione, siamo stati riportati alla
cruda realtà dal Ciaspolo (mica cotiche) che in veste di Direttore
del corso, carica che incarna con aplomb impettito e cipiglio
corrucciato, ci invitava a riprendere il cammino con una prosa
controllata e la solita indignazione permanente.
Attraversate le lande selvagge e gravide di pericoli di un
agriturismo e superato bellamente nientemeno che un parcheggio (e
aggiungiamo “INCUSTODITO” ) imbottito oltretutto di auto, ci siamo
infilati nella boscaglia in un’atmosfera di avventuroso esotismo da
tinello, tipo “ Sandokan e Nonna Papera”.
Il nostro augusto Direttore, del quale non tesseremo mai abbastanza
le lodi, pensava bene di illustrarci ad ogni occasione, piante,
fiori e quant’altro accidentalmente si venisse trovare
disgraziatamente sul nostro cammino.
In ciò evidenziava uno scollamento logico del comportamento di
fronte all’attenzione mostrata dai malcapitati corsisti.
Dalle Ginestre al Timo, dalle molteplici varietà di Orchidee da
campo alle Serenelle, dai Noccioli ai Faggi, dagli alberi di Giuda
in fiore ai Maggiociondoli.
Mancavano solo i Fiori di Bach.
In compenso, ci sono venute le Palle di Mozart.
Tutto ciò ci portava ad una amara considerazione che ci aiutava a
mettere in luce la triste realtà, confermando in tutta la sua rozza
prevedibilità il nostro istintivo sospetto.
Chiedere a Lui di trattenersi è come chiedere a una monaca
missionaria una esibizione di lascivia sessuale.
Non può farcela.
Ma gli vogliamo bene lo stesso, anche se ogni volta che lo vediamo,
pensiamo…
Non può essere davvero così…nessuno può essere davvero così.
Ricordiamo che è stata anche avvistata una pianta di Lavanda
rarissima appartenente alla varietà dedicata alla divinità egizia
Osyrys. La celebre “ Lavanda Osyrys “.
Andiamo avanti.
Continuando nel cammino, nel tentativo disperato di arrivare nei
pressi di Badolo (villaggio intitolato a un antenato di Ciaspolo)
dove sorge la rocca, ci siamo trovati come Teseo nel labirinto del
Minotauro.
Arianna era però interpretata da un tranquillo psicopatico della
zona che tra le sue abitudini pare annoverare anche quella di creare
deviazioni dai sentieri corredate da originali pensieri di
accompagnamento stile New Age.
Lo scopo, peraltro raggiunto brillantemente, pare sia quello di
dimostrare la sua pura e orgogliosa refrattarietà all’intelletto.
Malgrado gli ostacoli terribili, tra i quali citiamo solo il più
pericoloso ovvero l’attraversamento di una strada provinciale, siamo
riusciti a raggiungere la sommità del Contrafforte Pleistocenico,
luogo di nascita della Pleistescion.
Qui, dopo le scene di giubilo degli increduli corsisti, il Nostro
Principale, che citiamo in piedi in segno di deferenza, cedendo a un
desiderio che covava da quando aveva l’acne, ha ritenuto opportuno
intrattenere il pubblico.
L’offerta era libera..
Infatti, esibendo toni da Catilinaria, a sangue freddo e non
dimostrando alcun senso di colpa, ha raccontato storie di mare,
pioggia, sassi e sabbia, in questo senso, in senso inverso o anche
in senso alternato, suscitando nei presenti un interesse pari forse
a quello suscitato dalla diaspora socialista.
Esaurita in poche ore la brillante esposizione, tra le scene di
isterica felicità degli allievi, abbiamo girato i tacchi.
Il ritorno è avvenuto senza perdite significative, nonostante una
temperatura da fusione e malgrado agguati e aggressioni da ogni dove
da parte di mandrie scatenate di zecche idrofobe, inferocite, enormi
e sanguinarie.
A questo proposito ci è doveroso riportare una voce che ha trovato
molto credito tra gli allievi.
Pare che dopo un conflitto a fuoco, sia stata catturata una Zecca
Mannara e che, opportunamente legata, sia stato trasportata a valle
con un autotreno.
Scampati non si sa come alle zecche e raggiunto il luogo di
partenza, intravedendo nei prostrati allievi ancora qualche scampolo
di energia, è stato chiesto loro di esibirsi con l’ausilio della
fedele bussola, nella simulazione dell’aggiramento di un ostacolo.
Chi come noi ha preso parte a tutti i corsi CAI, compreso quello di
“ Ricamo in parete “ e “ Giardinaggio in cengia “ non
ha potuto fare a meno di commuoversi di fronte ai quei valorosi che,
occhi incollati all’ago aggiravano le aiuole del parcheggio con
repentini cambi di direzione di 90°, al passo dell’oca. Struggente.
La prossima volta l’esercitazione verrà svolta sui vicini binari,
puntando tutto sulla selezione naturale.
Nel frattempo, a ridosso del glorioso Millenium Falcon, anime pie e
volonterose stavano approntando una frugale merendina, per
rifocillare anime e corpi prima del ritorno, con particolare
riguardo per i corpi.
Ora, digiunare è certamente roba da indù ascetici o da radicali
narcisi.
Ma qui si sta parlando di una mandria in grado di fulminare anche ½
chilo di maccheroni al ragù a cranio senza fare neanche un plissè.
Ne è scaturito un poderoso affresco di un banchetto da corte
crapulona, dall’aura decadente tra Trimalcione e Bisanzio. Al gong
infatti, un coacervo isterico si è avventato sui tavoli,
affrontandosi a colpi di gomiti come neanche la Magnani.
E’ la nostra Way of Life.
Ora, osservando la scena, sorgeva incontenibile una piccola
riflessione.
Ci dicono che la vita organica si sia evoluta gradatamente dal
protozoo all’Homo Sapiens e questa evoluzione, ci assicurano,
rappresenta senza dubbio un progresso.
Disgraziatamente chi ce lo assicura è l’Homo Sapiens, non il
protozoo.
All’imbrunire, dopo l’ammazzacaffè e dopo aver espresso l’ultimo
desiderio, riordinate le nostre povere cosucce, siamo risaliti sul
Millenium Falcon che, riempito dalle nostre trippe, assumeva un aspetto di
vagone piombato.
All’interno, il solito odore di can che fugge ci avrebbe
accompagnato fino a casa, regalandoci quel torpore narcotico che
rende possibile il ritorno.
Con gli occhi sbarrati e la pelle d’oca al pensiero delle uscite
successive, ci siamo incastrati e appisolati nei nostri comodi
loculi.
All’improvviso, dalle nostre povere menti, più ottenebrate del
solito dagli effluvi da postribolo londinese, rigurgitava un ultimo
pensiero:
”… Una bella gita, vamo là ! ”.
Bibì*& Bibò e Guay Col Fum
* in contatto medianico dal suo Paradiso
Artificiale. Suo di lui.
Ferrara, 1 giugno 2009