Capodanno a Malga Sorgazza

Testo di Gabriele Villa
Fotografie di Leonardo Caselli
 

Per qualcuno di noi la notte di capodanno da passare in Malga Sorgazza sta diventando una consuetudine, da quando è gestita da Maurizio Caleffi e dalla sua compagna Carla.
E’ un modo di trascorrere il passaggio da un anno all’altro all’insegna della tranquillità, in un clima di semplicità ed amicizia, certo mangiando, bevendo e brindando come fanno un po’ tutti, ma senza quelle forzature o la voglia di eccedere che ha preteso d’insegnarci, ma più spesso d’imporci, la civiltà dei consumi. 
C’è, in più, la possibilità di dedicarsi a qualche attività complementare, tipica della montagna, in base alle inclinazioni personali e/o alle condizioni meteorologiche e dell’ambiente, come una bella ciaspolata, una gita scialpinistica, un’arrampicata in cascata di ghiaccio o una semplice escursione.
La mezzanotte, è oramai definito, è trascorsa all’aperto con un brindisi e lo scambio di auguri attorno al fuoco. Il primo anno (era il 2004) fu un gigantesco falò di rami presi nel bosco circostante alla cui raccolta si erano dedicati vari ospiti della malga per tutta la giornata. Il fuoco divampò con lingue altissime ben prima della mezzanotte e fu alimentato fino all’una di notte, quando gli ultimi rami furono buttati sulle braci per l’ultima fiammata.
Le faville, rosse e scoppiettanti, fecero alcune vittime tra i … wind stopper e i pile dei presenti che buttavano legna sul fuoco. 
L’anno seguente fece la comparsa la “stufa canadese”.
Cosa fosse la stufa canadese lo spiegò Doro, il boscaiolo professionale amico di Mauri, mentre gliela confezionava con un tronco di albero tagliato, alto più o meno un metro e mezzo.
Divideva il tronco in sezioni alte più o meno una spanna ed entrava, intercalando, in queste sezioni con la lama della motosega, passando da parte a parte ed incrociando ad ogni “entrata”.
Tutte queste feritoie trasversali ed incrociate fra di loro, diventano delle prese d’aria quando, acceso il fuoco sulla testa del tronco, questo comincia a mangiare il legno nel centro ed inizia a “scendere” bruciando il suo interno ed alimentandosi, mano a mano che scende, con l’ossigeno che entra dalle feritoie. 
Spiegava Doro che il “brevetto”, se così si può dire, è dei boscaioli canadesi che con quelle stufe si facevano anche da mangiare nel bel mezzo del bosco, perché, una volta avviato il fuoco, il tronco scavato dalle fiamme nel suo centro, diventa una vera e propria stufa su cui è sufficiente porre una pentola per cuocere qualsiasi minestra.
Quest’anno di stufe canadesi Maurizio ne aveva preparate due e, mentre eravamo a tavola per il cenone, aveva acceso il fuoco su entrambe.

 

 

Attorno a quelle abbiamo passato la mezzanotte, brindando con allegria e semplicità alla luce di una luna piena con un inconfondibile alone foriero di cattivo tempo per il giorno dopo.

Naturalmente non sono mancati i fuochi d’artificio, ma tutto abbastanza contenuto, verrebbe da dire con stile “sobrio”.

 

 

Il giorno dopo, considerata la scarsità del manto nevoso (manto?) abbiamo lasciato le ciaspe nei bauli delle auto e con piccozze e ramponi siamo andati a "ravanare" nel bosco sopra la malga per renderci conto dello stato delle cascate. In questo strano inverno, oltre a nevicare poco, anche il freddo si fa desiderare e la formazione delle cascate ne ha risentito.

Noi siamo andati sotto a tutte quelle sopra la malga: Sorgazza Sinistra, Sorgazza Destra, Vertigo, Lagorice.

Sono decisamente tutte "magre", da salire con molta attenzione (e non tutte) considerato lo scarso spessore del ghiaccio. Abbiamo comunque potuto collaudare le corde fisse posizionate da Mauri a novembre per facilitarne l'accesso e ci siamo quindi accontentati di salire solamente qualche breve tratto alla base.

 

 

Abbiamo però trovato qualche saltino ghiacciato secondario che potrebbe ben prestarsi a qualche eserCFitazione da parte di volonterosi che volessero muovere i primi passi con i ramponi ai piedi e le piccozze nelle mani.

L'ospitalità nella Malga è sempre garantita e la disponibilità di qualche "trainer" si trova sempre.
 

 

Leonardo Caselli, Gabriele Villa
Malga Sorgazza. Capodanno 2007