a "Merlante e Scuccimarra e la serata dedicata al diedro Philipp-Flamm"
di Gabriele Villa
Pensavo… mentre iniziavo a ticchettare con le dita sulla tastiera: sarà
un commento, o saranno pensieri accatastati, sollecitati dalle tante
sensazioni vissute prima, durante, dopo la serata presso la sede del CAI
Ferrara, dedicata alla salita da parte di Giacomo Jack Merlante e
Michele Chicco Scuccimarra al diedro Philipp-Flamm alla parete nord
ovest della Civetta?
Era cominciato tutto con una telefonata di Chicco che mi comunicava la
salita compiuta assieme a Jack, e ne avevo subito ricordato un’altra
dopo la salita al diedro Livanos-Gabriel alla cima Su Alto e un’altra
ancora prima,
dopo la scalata della Solleder-Lettembauer alla Cima della
Civetta, fatte entrambe con Paolo Gorini.
Tre salite che sono mitiche (ciascuna con le sue differenti
caratteristiche) ma sulla stessa montagna, la Civetta, alla quale Chicco
sa quanto io sia legato visceralmente.
Avevo subito chiesto di incontrarci per farmi raccontare la scalata e
avere l’occasione di conoscere di persona Giacomo del quale avevo solo
sentito parlare e di cui conosco il padre Riccardo, a sua volta
arrampicatore ai tempi in cui mi ero appena iscritto al CAI di Ferrara
nel 1975.
Erano stati disponibilissimi e avevamo trascorso una bella serata a
parlare della loro arrampicata, ma anche delle loro esperienze
alpinistiche personali che si erano fuse in una cordata affiatata che
stava ripetendo vie classiche ”estreme”, delle quali la Philipp-Flamm
era stato il coronamento, almeno fino a questo momento.
Avevo anche abbozzato un comunicato da inviare agli organi di
informazione locali (quotidiani e riviste on-line) ed insieme lo avevamo
corretto e integrato. Era passato sotto silenzio sui quotidiani, mentre
aveva avuto un grande riscontro su estense.com, quotidiano on-line
attento e sensibile, (al pari delle news on-line dell’emittente locale
Telestense) alle notizie alpinistiche: 1650 letture accertate.
Avevo pensato ai soci del CAI che sono attualmente 1350, forse non
significa nulla, ma a me aveva fatto riflettere e quel pensiero lo avevo
portato all’attenzione del Consiglio Direttivo della sezione del CAI
Ferrara che, negli ultimi anni (per motivi che non starò a commentare),
è diventata una macchina a prevalente trazione “escursionistica”.
Abortita sul nascere la mia idea di consegnare un riconoscimento da parte del CAI Ferrara per la loro scalata per il netto rifiuto espresso all’unisono da Jack e Chicco, avevo lavorato alla realizzazione di una serata da svolgere presso la sede della sezione nell’ambito dell’iniziativa “…il CAI racconta”, trovando disponibilità da parte di Laura Benini (responsabile della commissione culturale) e successivamente anche dei due, pur se con l’impegno di raccontare la loro ascensione senza indulgere a celebrazioni né di imprese e nemmeno di persone. Affare fatto e data fissata al 23 novembre, “cedendo” il posto già fissato di una mia serata, posticipata a gennaio 2017.
“Allora, arrivi? Qui ci siamo tutti e ti aspettiamo per gli ultimi
dettagli della proiezione”.
Erano le 20:30 ed ero per le scale di casa, quando avevo ricevuto il
messaggio da Laura.
Poco dopo alla sede del CAI avevo trovato fervore, proiettore e
altoparlanti già posizionati, fogli di appunti che giravano, un piccolo
compito da svolgere anche per me e le prime persone che stavano
arrivando in sede in ordine sparso. Da quel momento in avanti ero
entrato in una specie di vortice, un susseguirsi di cose da fare e di
persone da salutare (quante facce che non si vedevano da tempo dentro la
sede sociale e quante altre di non soci mai visti prima e quanti volti
di giovani
intravisti alla palestra del Monodito, qualcuno di questi
“catturato” nella ancora piccola rete del gruppo “Amici di corda”,
creato solo da pochi mesi dentro al CAI Ferrara).
Un flusso che sembrava non fermarsi più, paragonabile inizialmente alla
serata di Luigi Visentin sul viaggio alle sorgenti del Gange e poi
diventato largamente superiore, perché aveva saturato di persone prima
la sala, poi il corridoio lasciando gente per le scale e giù fino
all’ingresso. 105 persone sicuramente contate, ma forse anche 130 e più
se avessimo potuto contare quelle per le scale e ferme sulla porta
d’ingresso a parlare, oramai rassegnati all’impossibilità di accedere
alla serata.
Per me solo un attimo di rammarico nel ritornare con il pensiero alla
delusione provata nella serata di inizio febbraio presso la Biblioteca Bassani con
l’alpinista Massimo Bursi di Verona di fronte ad una sala vuota di poco
meno di venti persone, ... poi non c’era stato più tempo per pensare.
Partono le prime immagini e inizio la mia presentazione, sento la gente in
sala che ride…
… avrò mica detto una stupidata? … poi mi giro e vedo l’immagine
dei due protagonisti su vecchi documenti di identità e mi torna in mente
che mi avevano avvisato che mentre avrei presentato, il "regista"
Marcello Rovigatti al computer avrebbe fatto scorrere alcune immagini introduttive
relative ai due protagonisti …
Sento emozione, che confesso sinceramente al pubblico, non tanto per il
numero delle persone in sala, ma in quanto qui, alla sede del CAI
Ferrara, per una serata di ALPINISMO (sì, sì, scritto proprio tutto
maiuscolo) come da anni non si viveva, o che forse mai si era vissuta
con così tante persone e così tanta emozione e partecipazione.
Un po’ lo
avevo sperato, tanto che mi ero vestito come se avessi dovuto andare ad
arrampicare.
Mi aiuto con
gli appunti che avevo scritto per intraigiarùn per
inquadrare il contesto storico nel quale, nel lontano 1957, era stata
aperta la via dai viennesi Walter Philipp e Dieter Flamm e che ha
contribuito a definirla per lunghi anni la più difficile dell’intera
parete Nord Ovest e ancora oggi una delle più temute e rispettate.
Fatta anche questa.
Mi siedo per terra e … comincia lo spettacolo anche per me.
Quando finisce, e a me sembrano passati appena dieci minuti, si alza un
lungo applauso ed è palpabile l’emozione che ha pervaso tutti i
presenti.
Tanti sorridono, altri si complimentano, qualche altro va verso casa
ringraziando noi del CAI per la bella serata cui hanno assistito. Dopo
un po’ saltano fuori un paio di torte, qualche scodella di ciccioli
(quelli non mancano mai), alcune bottiglie per fare un brindisi assieme.
Laura consegna a Merlante e Scuccimarra un paio di omaggi in materiale
da arrampicata, regali che non possono che essere graditi e
probabilmente erano inaspettati.
Ci si dilunga un poco in chiacchiere, poi si ripongono le cose, si mette
in ordine, si esce e la sede del CAI ritorna al suo abituale silenzio
degli ultimi tempi, dopo questa ventata di alpinismo e di emozioni.
… Sono passati alcuni giorni e mi chiedo. Ho assistito ad una piece
teatrale?
In alcuni momenti l’ho pensato perché il due protagonisti hanno
coinvolto le rispettive mogli nella lettura di alcuni
brani, i simpatici
David Zappaterra e Lorenzo Michelini in un siparietto nel quale
simulavano una scena del bivacco notturno sulla cengia della parete, io
stesso nel porre una domanda per avere degli approfondimenti storici.
Bravi loro a saper vivacizzare la serata coinvolgendo mogli e amici, ma
anche a sottolineare la loro voglia di non voler apparire al centro di
una ipotetica scena.
Merito anche per avere raccontato come si è formata la loro cordata nel
contesto dell’ambiente alpinistico/arrampicatorio ferrarese, di quale
sia stato il percorso progressivo di affiatamento e di allenamento
attraverso le vie ripetute negli ultimi due anni che hanno consentito di
realizzare quello che era un sogno da saper gestire emotivamente e non
solo tecnicamente perché non è sufficiente solo il desiderio per
realizzarlo.
Non ultimo il coinvolgimento delle rispettive famiglie, delle mogli
Fabiana e Paola, le quali sempre hanno un ruolo importante che quasi mai
viene ricordato a margine di qualsiasi impresa alpinistica.
Nemmeno dimenticando la presenza di altri compagni di cordata che hanno
spesso condiviso arrampicate creando una rete di amicizie e un contesto
di condivisione che in quella sala straaffolata ha visto la sua piena
realizzazione.
Ah… il romanticismo che permea molti alpinisti, ma … rendo merito a chi sa parlare
non solo di difficoltà a suon di numeri, ma anche di emozioni e
sensazioni che si respirano a pieni polmoni in una scalata di grande
impegno e nell’alpinismo in generale, anche se a più basso livello.
Per questo mi sono convinto che è stata anche come la lezione di un
corso di alpinismo, ma non di quelle tratte dai manuali cartacei e
proposte scolasticamente, bensì
raccontata attraverso un’esperienza vissuta e trasmessa con grande
passione, sincera spontaneità e consapevole modestia.
Immagini della serata del 23.11.2016, grazie ai fotografi Laura Benini, Alessandro Zerbini, David Zappaterra.