a "Una ciaspolata verso il fronte...freddo" di Gabriele Villa
di Angelo Bolognesi
Il
resoconto di Gabriele è stato impeccabile ed esauriente, come al
solito.
Vorrei solo aggiungere alcuni particolari che potrebbero essere utili al
fine di comprendere ancor più a fondo, se mai ce ne fosse bisogno, le
ragioni di una disfatta.
Una sorta di appendice al suo preciso e
documentato reportage, del quale potrebbe costituire il "lato B".
Premetto che già da qualche giorno i siti meteo istituzionali
consigliavano agli abitanti della Galassia di incatenarsi ai termosifoni
e di uscire solo per pagare le tasse.
Detto questo, pare che tutto sia nato da un malinteso creatosi poco
prima che le devastanti forze d'invasione sbarcassero all'autogrill.
Nei primi posti del pullman 1 "GODZILLA", gli organizzatori, scaricato
il bollettino dal sito, si consultavano febbrilmente con gli
accompagnatori del pullman 2 "KING KONG" circa le allarmanti previsioni
meteo.
Queste informavano che "una massa informe costituiva un fronte
minaccioso in rapido avvicinamento alle Dolomiti".
Il capogita, indignato, sgridava il sito dicendo che non si parla così
di una comitiva CAI.
Il resto è venuto da sè.
All'autogrill siamo stati il più veloci possibile, ma le file erano
tante e chi si è messo in coda per il cappuccino si è trovato davanti ai
distributori di profilattici e chi doveva andare in bagno si è dovuto
ingoiare un "rustichella" incandescente.
L'intervento delle teste di cuoio ha riportato l'ordine all'interno del
locale non senza difficoltà, grazie anche all'impiego di lunghe e
laboriose strategie anti guerriglia.
Ovviamente i tempi della sosta si sono leggermente dilatati.
Così, quelli che erano i bambini dell'alpinismo giovanile, entrati col
biberon, sono usciti stringendo la Gillette in una mano e un pacchetto
di Gauloises senza filtro nell'altra.
Io, per sopravvivere, ho rubato un pacchetto di brigidini a una bambina
di cinque anni.
La guerra è guerra.
Comunque, dopo appena cinque ore eravamo al Passo Giau: cielo terso e neve, un
paradiso bianco e azzurro, come la Spal.
Alle 11.40 ci mettevamo in marcia.
Temperature registrate: da +30°C nel tè di Stenio a -2°C sugli zigomi e in
Borsa a Milano.
Venti moderati, come noi.
Ore12.00: mentre il cielo, improvvisamente, prendeva il colore del
mantello di Zorro, una folata di Bora faceva volare gli zaini.
Qualcuno ha ricordato che nel 1985 ci furono raffiche più forti, quindi,
tutto nella norma.
Ore 12.05: avvistamento di un U.F.O. nella tormenta.
Un'analisi più approfondita rivelava trattarsi invece di un bambino
dispettoso che, sfruttando tanto abilmente quanto subdolamente una
terrificante raffica terra-aria, nota ai metereologi come "Saturno 5", si
era messo a volare.
Comunque, i bambini oggi hanno tutti il telefonino e, se avesse avuto
bisogno di qualcosa, avrebbe potuto telefonare ai genitori, ai nonni o in
questura.
Qualcuno ha opportunamente ricordato che nel 1869 un intero
kinder-garten fu trasportato dal
vento sulla cima dell'Averau e che, quindi, eravamo nella norma.
Si
proseguiva.
Ore 12.10: raffiche da nord ci hanno investito con cubetti di ghiaccio,
resti di crauti e peli di renna.
Due orsi bianchi, arrivati fin lì per rinfrescarsi dall'afa del Polo
Nord, ci hanno fatto notare che il giorno prima c'erano state raffiche
di Calippi fino a 150 Km/h e che, quindi, eravamo nella norma.
Nel frattempo la nebbia ci aveva circondato come ad Avalon riducendo la
visibilità a malapena alla schiena del disgraziato che ci precedeva
nella gelida fila.
A questo punto, il capogita, in un impeto di decisionismo democratico,
dopo una verifica interna, un voto di fiducia e un vertice di
maggioranza, ha deciso di far rientrare al Passo il carico di surgelati,
al grido di: "prima le donne, i bambini e le riforme!"
Quando finalmente, la testa della mesta processione ha toccato la porta
del rifugio, le temperature, in lenta risalita, andavano da -30°C
nell'ipotalamo dell'ultimo della schifosa coda, ai +50°C nella polenta del
Rifugio Giau.
Qui, ci si ammassava ad uno a uno con una certa concitazione, dato che,
il gelo, aveva generato
in diversi organismi un intenso traffico in direzione sud.
Gli autisti dei pullman venivano richiamati urgentemente al dovere nel
preciso istante in cui stavano portando il canederlo verso le fauci
spalancate.
In mezzo alla bufera, nel ricordo indelebile del canederlo stoicamente
riposto nel piatto, montavano le catene sulle gomme dei pullman con
l'ausilio di una sola mano, brandendo necessariamente nell'altra un
poderoso alpenstock per tenere lontani i lupi.
Dentro il rifugio gli allegri gitanti riprendevano gradatamente il
colorito originale, virando non senza difficoltà dal verde-golden
caratteristico dei Marziani e degli Ibernati.
Al successivo rifugio Fedare dove il sole era tornato a splendere,
alcuni ritrovavano l'uso della parola e, più di uno anche la sensibilità
tattile, l'udito e quasi tutte le dita.
Al rientro a casa, la sera, possiamo dire che il contenuto dei pullman
era quasi completamente scongelato e molti sono riusciti a pronunciare
la parola "ciao" senza che gli si bloccassero le mandibole.
Che dire?
E' parso di capire che quando succede qualcosa di insolito basta dire
che è una calamità naturale, che è già successo e anche in modo
peggiore.
Aiuta.
In fondo ogni svarione climatico è sempre meglio del Diluvio Universale,
vamolà!
Bibò
Passo Giau, domenica 11 gennaio 2015
Ferrara, lunedì 2 febbraio 2015