"Diritto di replica" al commento di Leonardo Caselli
di Bibì & Bibò
Rispondiamo con piacere alle illuminanti considerazioni del mai troppo
lodato Leonardo Caselli.
Lo facciamo alla luce di un falò alimentato dalle inutili pagine dei sei
volumi del vacuo Gibbon (1737 – 1794) “Storia, declino e caduta
dell’Impero Romano”.
Tra le righe sottolineiamo che, finora, è stato universalmente ritenuto
una pietra miliare relativamente alla Storia Romana.
Ma, aggiungiamo noi, tanto universalmente quanto ingiustamente.
Infatti, essendo che il Gibbon ha redatto i testi tra il 1776 e il 1789,
non poteva essere presente al tempo dei fatti da lui trattati!
Ora, secondo il ragionamento dell’astuto Caselli, come avrebbe potuto
egli cimentarsi in storie che non lo hanno avuto tra i protagonisti?
Abbiamo provato ad informarci ed ora vi faremo scompisciare noi dalle
risate.
Roba da non credere. Pensate che il signor Edward Gibbon, per redigere
il suo trattato, si è servito di tutta una serie di supporti definiti:
Testimonianze.
Da sbellicarsi.
Ma questa si che è un’altra storia.
Vorremmo ringraziare il giudizioso Caselli anche per un altro motivo.
Con la sua precisa ed esauriente illustrazione dei significati precisi
attribuiti ai termini “Direttore”, “Conduttore”, “Capo gita” e
“Accompagnatore” ci ha reso chiaro il panorama gerarchico della
struttura. Ora vi faremo rotolare dalle risate confessandovi che
ritenevamo essere il grado di Competenza e soprattutto di Responsabilità
il filo rosso che univa e caratterizzava questi incarichi.
Ammettiamo la nostra ingenuità e ringraziamo nuovamente il puntuale
Caselli per avere contribuito in maniera determinante a dare risposta al
quesito esistenziale più volte posto dal N.H. Antonio De Curtis in arte
Totò: “Siamo uomini o caporali?”.
Siamo caporali.
Ma anche questa è un’altra storia.
Ci chiede il ponderato Caselli se sia sbagliato fare affrontare una
salita in ghiacciaio ad una persona che non ha mai messo i ramponi.
Ora, cercando di mettere un po’ d’ordine, vorremmo dire che questo
interrogativo lo potremmo porre noi, che non rientriamo in nessuna
gerarchia, mentre a lui e ai suoi sodali spetterebbe dare la risposta.
Possibilmente sensata.
Nel nostro piccolo vorremmo dare un minimo contributo ricordando un
episodio quasi deamicisiano.
Un Bibò poco più che decenne chiedeva insistentemente al suo vecchio
maestro di tennis quando gli avrebbe fatto giocare una partita vera,
sognando di calcare i terreni erbosi di Wimbledon o le terre rosse del
Roland Garros.
Bene, il maestro lo portò dietro il campo dove c’era un muro alto sul
quale erano state tracciate due linee orizzontali lunghe quanto la
larghezza del campo di gioco; una alla stessa altezza della rete che
divide il campo e l’altra venti centimetri sopra la prima.
Il maestro gli disse di cercare, colpendo la palla, di centrare lo
spazio tra le due righe.
Quando l’allievo sarebbe stato in grado di svolgere bene questo compito
gli avrebbe permesso di sfidarlo.
La sfida ebbe luogo diverso tempo dopo e l’allievo perse rovinosamente
ma la tensione verso quell’appuntamento si concretizzò nell’acquisizione
metodica e ripetitiva dei fondamentali al punto che, all’entrata sul
campo di gioco il ragazzino si sentiva a casa propria e non sulla luna.
Se il maestro avesse assecondato subito i desideri dell’allievo,
probabilmente lui avrebbe fatto una bella figura agli occhi meravigliati
e felici del ragazzino ma altrettanto probabilmente Bibò non avrebbe
affrontato con la stessa determinazione e applicazione quella disciplina
e quel mondo fatto di grida inglesi e gesti bianchi.
Fine della parabola.
Scartando l’ipotesi che il maestro fosse un pazzo scatenato, forse
potrebbe essere un sistema efficace per selezionare qualche “ossicino
buono” come lo chiama l’allegorista Caselli.
Oppure potrebbe anche risultare un metodo per preservare la sicurezza di
quanti, preferendo una gita con il CAI piuttosto che andare in montagna
con la combriccola degli amici del bar, pur non avendo intenzione di
fare carriera all’interno del Club, nutrirebbero però la speranza di
riportare a casa sane le loro di “ossicine”.
Se la memoria non ci fa difetto, lo slogan prescelto dall’associazione
per reclamizzare le proprie iniziative non è: “Sicurezza e Simpatia”?
Bene, sulla simpatia niente da dire.
Vorremmo infine ringraziare ancora una volta il bravo Caselli per le
vignette da lui disegnate.
Ci permettiamo però di dissentire da lui sul suo giudizio in merito alle
stesse.
Il suo raffinato tratto ci ha resi si brutti, ma non per eccesso bensì
per difetto, essendo il nostro aspetto assai più orripilante nella
realtà che nella sua arte.
La grazia e la compiacenza nei nostri confronti con la quale ha redatto
il suo scritto ha trovato esplicazione anche nelle vignette che ci
raffigurano accanto al Serial Killer dei Monti.
Di questo gliene siamo grati.
Vamo là!