a ... un'uscita del corso di escursionismo

"Rinunciando alla ferrata del Sass Brusai"

 

di Lorenza Cenacchi

 

Dai finestrini si vedevano le montagne coperte di nuvole, cariche di umidità.
Ci lasciavamo alle spalle la pianura di Bassano, con la sua storia di atrocità, di disprezzo per la vita, per giungere in Val di San Liberale, una valle chiusa, dove scorre generosa l’acqua del torrente impetuoso, che compie salti, formando cascate.
Lungo il nostro cammino, per raggiungere l’attacco della ferrata del Sass Brusai ci accoglie la pioggia, impietosa e bagna la natura, fa piegare le corolle dei fiori, che godono di questo nutrimento, a differenza dei nostri indumenti.
Penetra in noi e ci lascia una spiacevole sensazione di impotenza, di freddo e ci fa sentire come corolle.
Tuttavia, continuiamo imperterriti, seguendo un altro sentiero, per non rischiare di “essere parancati”, dirà alla conclusione del viaggio il direttore del corso.
E’ una carrareccia, utilizzata durante la Grande Guerra dai soldati italiani per trasportare il necessario per vincere il nemico.
Ci sembra di avere indossato la divisa, di avere stivali e armi, qualcuno ha pure la radio.
La nostra mente corre al passato e poi, lo sguardo si sofferma sulla natura: qualche narciso, con i colori del sole, alcune genziane di un intenso blu cobalto, hanno piegato il loro capo; le primule fanno capolino sulle rocce più alte e sembrano ridere di noi; le orchidee nane, l’elleboro e il maggiociondolo ci danno il benvenuto e ci rendono piacevole il cammino.
Vicino ad una galleria un capriolo osserva il gruppo con distacco.
Ci immergiamo nel paesaggio sottostante, che si apre con crepacci profondi, vedute verso spazi più aperti e lontani appena percorsi, che invogliano a spiccare il volo.
Ormai tutto tace, anche le nostre parole, resta solo la pioggia, noi, il freddo nelle ossa che penetra con sempre maggior vigore.
Dopo il boschetto di pino mugo non è ancora chiara la meta, coperta dalle nubi, che fanno da padrone nel cielo.
Davide si lamenta, vorrebbe vedere più sopra, per sapere il nostro destino, ma a volte è meglio non toccare con gli occhi la meta, per godere di una piacevole sorpresa o per rendere meno forte il dolore dell’attesa.
Infine ecco il rifugio, il calore, l’accoglienza umana, che ci abbraccia dopo che la natura ci ha riempito il cuore di sensazioni diverse.
E il generoso dono delle nostre guide: l’averci accompagnato in un luogo così suggestivo, nonostante le nostre resistenze, sfidando il tempo, le previsioni, la pioggia e l’averci coccolato con una ghiotta merenda.
Ma ciò che rimane è l’invito a non considerare quella appena trascorsa una giornata negativa, ma a vederla come un’occasione per collaudare i materiali, in caso di pioggia e per misurarsi con gli eventi atmosferici, per giungere anche a rinunciare ai nostri obiettivi.
Grazie ai nostri pazienti accompagnatori, al loro ottimismo e al profondo rispetto che ci insegnano ad avere verso la natura e l’uomo.