a "Sacro Sarca" di Cristiano Pastorello
 

 

di Roberto Avanzini

 

Il racconto “Sacro Sarca” di Cristiano Pastorello mi ha colpito per più motivi. Primo perché è proprio scritto bene, secondo per il grande affetto che nutro pure io per quei luoghi, terzo perché mi ha aperto gli occhi su quella striscietta argentea che si intravede dall’alto delle numerose pareti della zona. Prima del racconto non l’ho mai degnata di troppa attenzione, troppo preso da appigli e appoggi per fermarmi a rimirala. Adesso invece mi diverto a cercarla quando si nasconde tra le ghiaie, i boschetti, le piccole gole e le molte opere dell’uomo. Intendiamoci, per me il Sarca non è sacro; l’ho conosciuto che sapevo appena camminare, l’ho visto troppe volte e ancora adesso almeno tre giorni alla settimana scorre a fianco dei finestrini della mia automobile. Per alcuni anni della mia vita ci ho pure abitato quasi sopra! La troppa frequentazione toglie sacralità e rispetto! Lo considero un vecchio amico un po’ birbantello, che qualche volta mi ha fatto degli scherzi e mi ha messo in ammollo nelle sue acque (non sempre pulitissime), che da piccolo mi faceva sentire un indiano in esplorazione in mezzo ai tronchi marci e alle pietre scivolose e che adesso mi fa compagnia nei molti viaggi su e giù per la sua valle. Grazie Cristiano di avermi fatto riscoprire un vecchio amico che non frequentavo da troppo tempo.