Il sovrano del Piccolo Lagazuoi
di
Gabriele Villa
E’
stata una giornata piena, oggi, così sono quasi le diciassette mentre
stiamo scendendo il ghiaione che ci riporterà ai piedi del Trapezio.
E’ stato ribattezzato così questo settore del Piccolo Lagazuoi che
guarda sopra il Passo Valparola, proprio per la sua forma che ricorda
l’omonima figura geometrica.
Alto quasi trecento metri e largo altrettanto, formato da roccia grigia,
solida e ben lavorata, offre molte vie di arrampicata, alcune delle quali
divenute delle classiche, frequentate per la bellezza dell’arrampicata,
la facilità d’accesso e la rapidità di rientro per cenge che riportano
facilmente al ghiaione basale.
Oggi abbiamo salito una via fra quelle meno frequentate e quindi con pochi
chiodi: una di quelle dove ancora devi “cercare” il percorso seguendo
la logica dettata dalla conformazione della parete.
Per questo io, capocordata, me la sono salita con calma e i miei secondi
(Beniamino e Claudio) altrettanto, visto che venivano entrambi da un lungo
periodo di inattività. Così, unendo le nostre lentezze, abbiamo
trascorso ben sei ore sulle pareti del Trapezio. E’ stata una giornata
calda, una delle tante, oramai, di questo torrido giugno ed ancora il sole
insiste, caldo, nonostante sia pomeriggio inoltrato.
Scendo avanti ai miei amici di circa duecento metri lungo il ghiaione,
senza fretta, per tornare sotto alla parete a riprendere lo zaino lasciato
alla base.
In questo tranquillo lunedì abbiamo visto una sola cordata impegnata
sulle pareti, ma sono già scesi prima di noi; solo il rumore dei sassi
smossi dai nostri piedi turba la tranquillità del luogo.
In lontananza appare un animale, sembra un camoscio: mentre scendo, lui
risale, senza fretta, proprio come me.
Ci fermiamo entrambi e ci guardiamo, da lontano, per alcuni secondi, poi
ognuno riprende per la sua strada. Avvicinandomi mi accorgo che ha corna
grandissime e capisco che si tratta di uno stambecco.
Avevo sentito dire che qualche esemplare era stato liberato in Dolomiti,
ma, in alcuni anni, ero riuscito a vederne uno soltanto sul ghiaione del
Piccolo Lagazuoi, ma molto in alto, oltre i 2500 metri, dove si arriva
solo arrampicando.
Qui siamo a poco più di 2000 metri ed a venti minuti dalla strada: è
certamente un incontro insolito e inaspettato. Oltretutto il suo
comportamento contrasta con quello dei camosci: tanto quelli sono veloci
ad allontanarsi ed a rendersi invisibili, tanto questo è tranquillo e
indifferente alla mia presenza.
Quando gli amici mi raggiungono ci fermiamo a guardarlo: nel frattempo ha
guadagnato un pulpito di roccia dal quale osservare verso il basso. Dopo
un po’, sempre con la massima calma, inizia a muoversi nella nostra
direzione, percorrendo prima una cengia erbosa, poi risalendo il ghiaione.
Guardiamo stupiti l’animale avvicinarsi camminando con eleganza: non un
sasso si muove sotto ai suoi zoccoli.
Oramai è a pochi metri, ma non accenna a fermarsi: di certo non ha alcun
timore nei nostri confronti, anzi, pare stia facendo qualcosa di
premeditato.
Infatti, passando tre metri avanti, fra noi e la parete, risale ancora e,
quando si è portato poco sopra dove ci troviamo, si gira nella nostra
direzione, si ferma e ci osserva.
Noi commentiamo, dispiaciuti di non avere la macchina fotografica, quanto
sia maestoso quell’animale con le corna così imponenti.
D’improvviso, si alza sulle zampe posteriori e, inclinando la testa in
avanti, simula le movenze di una carica, una di quelle che si scambiano i
maschi per il possesso del territorio o delle femmine del branco.
Ci appare chiaro che la nostra presenza non gli è gradita; rivuole la sua
solitudine e il dominio incontrastato del territorio.
Vado in fretta a recuperare lo zaino
sotto alla parete e ci allontaniamo decisi.
Non appena ci muoviamo lo stambecco si avvicina alla parete ed inizia a
risalirla con piccoli balzi precisi e sicuri. E’ il punto esatto dove
abbiamo attaccato la nostra via questa mattina: inclinazione a 80° e
difficoltà di terzo grado superiore!
Siamo stupefatti.
Quando, infine, è esattamente sopra di noi si ferma e ci guarda: con la
zampa fa cadere un sasso, piccolo, ma, giusto giusto, nella nostra
direzione.
Se ancora avevamo un dubbio, ora è svanito: il “sovrano” del Piccolo
Lagazuoi vuole restare solo e ci congeda bruscamente.
Riprendiamo la discesa interrotta da questo incontro inaspettato,
riportandoci sul sentiero fra i ripidi prati sassosi.
I sassi smossi dai nostri piedi rotolano verso valle.
Ripensando alle eleganti movenze dello stambecco ci rendiamo conto di
quanto siamo maldestri e impacciati.
Forse è la stessa considerazione che sta facendo “lui”, mentre ci
guarda, immobile e maestoso, dal suo pulpito di roccia.
Gabriele
Villa
Ferrara, 2 luglio
2003
|