Senza tempo
di Francesco Cinti
Era tanto
tempo che desideravo andare a fare una ciaspolata. La volevo fare da solo.
Questo ti permette di stare a diretto
contatto con la natura, sentire odori, sapori, rumori, suoni che aiutano
la tua mente a viaggiare, ma soprattutto ti concentri su te stesso.
Una attraversata nel tuo animo che è incredibile.
L’occasione giusta mi viene offerta da mia madre, durante le vacanze di
Natale.
“Dai che andiamo”, mi sento dire e io subito accetto.
I miei genitori sarebbero andati a fare un giro nei posti dei ricordi, io
avrei attraversato Val di Garès in solitaria: l’entusiasmo di sfoggiare
le mie ‘ciaspe’ nuove, rosso fuoco e la voglia di camminare mi avevano
reso euforico.
Il luogo prescelto, come già detto, la Valle di Garès, una piccola
vallata alle spalle delle Cime dell’Auta, ai piedi di Canale d’Agordo.
Questi posti racchiudono in loro un non so che di magico, parlo con il
cuore.
Tante estati trascorse a divertirsi con amici, i più diversi, ma tutti
con la voglia di stare insieme, in montagna.
Pensavo di conoscerli bene questi posti, ma
la neve, caduta copiosa le sere prime, aveva ridisegnato completamente
tutto; non più sentieri, roccia, fiori, ma solo uno sterminato manto
nevoso. Panna montata.
Incomincio a divagare sulla neve, seguendo i miei pensieri, le mie
emozioni.
Passo dopo passo, rivedo scorrere nella mia mente tanti ricordi, che come
in un puzzle, si incastrano a formare un disegno geometrico di ineguale
bellezza.
La fatica dopo un poco che cammino si inizia a sentire, la neve è
sofficissima.
Sprofondo fino al ginocchio. In lontananza la cascata, una volta obiettivo
temuto da raggiungere, ora un unico blocco di ghiaccio attaccato alla
roccia. Immobile. Una spada.
Improvvisamente scorgo nel bosco le tracce di uno sci alpinista. Decido di
seguirle.
Si inalberano ripide sul fianco della valle.
Ogni passo è come un gioco, una favola di emozioni che si ripete.
Finalmente giungo in cresta.
Il panorama è il regalo più bello. La riflessione immediata: il tempo
sembra essersi fermato a un secolo fa.
Un silenzio spettrale, una baita in legno, e roccia nuda di fronte a
me.
Rosso fuoco a contrasto con il blu marino del cielo. Mi siedo, penso.
Il tempo vola, dicevo sembrava essersi fermato, invece corre. Mi accorgo
che il sole sta calando.
Riprendo la marcia.
Continuo a seguire le mie tracce, questa volta corrono giù, verso valle
perdendosi nel bosco.
La discesa è ripida, veloce, divertente.
Sono arrivato alla baita.
Lì ritrovo i miei genitori, sorseggianti un goccio di Punch caldo e
pronti a ripartire verso casa.
In un batter di ciglia, la mia avventura è giunta al termine.
Come è corso il tempo, forse perché stavo bene.
Francesco Cinti
Ferrara, 25 gennaio 2006
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