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a "A te ..." di Gaetano Soriani

 

di Mauro Loss
 

 

Quel breve semplice titolo “A te …” e la premessa in corsivo mi hanno fatto tornare a fine 2007 inizio 2008.
Mi rivedo seduto sul letto matrimoniale dei miei, in una camera, dove l’unico rumore era quello della pompa ad infusione lenta della morfina che copriva per fino il debole respirare del papà.
Il papà si stava lentamente spegnendo.
Un momento che, in tutta sincerità, mi auguravo arrivasse presto, non potevo più sopportare di vedere, un uomo, mio padre, sempre attivo, vivace, impegnato e con un sorriso radioso anche se tutto d’un pezzo, come un po’ tutti gli uomini della sua generazione, soffrire ancora così tanto dopo anni di travagli.
Nel caso di mio papà non si trattava di Alzheimer ma di un Epatocarcinoma - una parolona che più semplicemente si può tradurre con “cancro al fegato" - dovuto alle trasfusioni di sangue non adeguatamente controllato (... vi dice nulla il nome Poggiolini?) seguite al suo grave incidente in montagna.
Era riuscito con tenacia e volontà di ferro a tenerlo sotto controllo per anni ma ora il male stava avendo il sopravvento e restava proprio poco da fare se non cercare, e la morfina aiuta, di lenire il suo soffrire.
Il dolore svanisce nell’oblio ma con esso anche la sua volontà, anche il suo essere uomo vivo e vitale.

Ecco che, come Gaetano, mi trovo a sfogliare vecchie foto.
Foto dove assieme a mio fratello stringo la sua mano grande e robusta lungo un sentiero di montagna sotto lo sguardo attento della mamma e della tata e le mie mani sudano al ricordo di quelle mani possenti che stringevano con delicatezza quelle di due bambini ancora timorosi.
Foto di mare mentre mi aggiusta un sacchetto nero delle immondizie sul mio braccio ingessato per permettermi di entrare in acqua.
Foto di un capodanno a Parigi.
E soprattutto quella foto in cui lui sorride felice in montagna sotto una bella parete e con una giacca a vento color cachi, la foto è in bianco e nero, ma io ricordo il colore perché quella giacca c’è ancora e io gliela rubavo di continuo.
Ora papà non c’è più.
Sono passati più di due anni, ma desidero dire grazie a Gaetano perché il suo intenso racconto mi ha fatto ripensare a lui a cui devo non solo la mia passione per la montagna, a quei momenti dove era lui ad avere bisogno di me come io spesso in montagna cercavo in lui forza e coraggio, a quei momenti, seduto sul suo letto, quando avrei voluto parlargli a lungo, raccontargli delle mie salite, quando avrei voluto rivederlo ridere ma invece potevo solo verificare che la pompa ad infusione funzionasse per regalargli qualche ora priva di dolore.