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a “Vento fino vento del mattino” di Massimo Anile

 

di Gabriele Villa

 


La vita non sempre è come l'arrampicata in cui le difficoltà sono conosciute e quantificabili a priori (quanto meno a livello numerico) e possiamo ragionevolmente presumere di poterle superare se non siamo troppo ambiziosi nella scelta dell'itinerario e onesti nel valutare le nostre capacità e il nostro livello di allenamento.

A volte la vita sembra volerci schiacciare al punto che nemmeno un "amuleto prezioso" come quello della nonna del racconto di Massimo Anile pare sufficiente a salvarci, non sempre si riesce ad uscire dai problemi imboccando "la porta della fantasia".

Per questo è amaro "Vento fino vento del mattino", un racconto che sembra prendere spunto da un "vissuto tormentato" ed è intriso anche di malinconia, di fatica di vivere, ma non di rassegnazione.

Certo è dura "sedersi dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati" e a volte è ancora più dura se si percepisce che quei posti sono stati occupati da chi intuiamo avere poco senso morale, istinto prevaricante, mancanza di scrupoli e di etica.

E' dura anche prendersi "le responsabilità del caso" pur di mantenere fede ai propri principi e seguire la propria coerenza, salvaguardando la propria dignità personale.

Ma proprio qui, io credo, sta il valore del messaggio che lancia Massimo Anile, disposto a pagare "un lauto prezzo" in cambio della propria dignità, ma con l'intimo orgoglio di chi sente di avere fatto la scelta giusta.

Giusta perchè lascia in sintonia con se stessi e allora, anche se piegati dalla faticosa esperienza di vita, si può pensare di ripartire per provare di "cercare di essere ancora felici".