Ice >>

Experience>>

Rock>>

Incontri>>

Ski >>

Invia il tuo Racconto >>

HomePage>>

Diario Fotografico  www.intraigiarun.it

 
Intraigiarùn e le tristi montagne fumanti

testo di Gabriele Villa

foto di Leonardo Caselli, Stefano Toninel, Nives De Cassan

   

La proposizione di un’azione d’impegno civile  

Segnalammo in una nota dello scorso 8 maggio l’iniziativa “Le tristi montagne fumanti” promossa dall’alpinista, scrittore, editore Alberto Peruffo di Montecchio Maggiore (VI), attraverso il suo conosciutissimo sito internet intraisass.

Questo uno dei passaggi più significativi con cui veniva presentata l’iniziativa:  

<Cosa vi si chiede di fare può sembrare ancora una volta folle o di troppa effimera natura per avere effetti artistici e civili determinanti per lo scopo che noi tutti, autori e co-autori, ci prefiggiamo di raggiungere: lasciare un segno rosso nel cielo per esprimere il nostro dissenso contro i soprusi e le ipocrisie del nostro tempo. Un segno simbolicamente eruttato dalla Terra, dalle montagne, dalle nostre coscienze nel momento in cui si sta per accendere una fiamma olimpica che al posto di garantire gli alti principi a cui essa si ispira, riflette tragicamente le grandi contraddizioni della nostra epoca, diventata un mercato dove tutto si vende, perfino il destino dell’uomo e dell’ambiente in cui esso oramai miseramente vive.>  

Quella prima manifestazione ha avuto una notevole eco, anche e ben oltre i confini italiani, come testimoniano immagini e filmati raccolti su http://www.sadsmokymountains.net/  

 

L’accensione finale prevista da Alberto Peruffo  

Prevista per l’8 agosto 2008, alle ore 13, un’ora esatta prima dell’inaugurazione ufficiale delle olimpiadi di Pechino, ecco Alberto Peruffo proporre l’azione finale, “the final ignition”.  

<Nella parte finale della nostra azione le Tristi Montagne Fumanti incontreranno le Città. È giunto il momento degli Urban Climbers, degli "alpinisti cittadini"! Insieme alle montagne, alle colline, accenderemo di colore rosso il cuore delle città e dei loro abitanti ritornando all’origine delle colonne di fumo che abbiamo scelto come simbolo invariabile della nostra opera. Quelle colonne sono infatti una manipolazione cromatica del fumo eruttato l’11 settembre del 2001 dalle Torri Gemelle e il loro colore manifesta la vergogna-tristezza-indignazione contro la violazione dei diritti umani. Oggi in Tibet, Sudan, Birmania, Afghanistan, Iraq, Palestina; ieri in Africa, Europa e USA; domani chissà dove tra Oriente e Occidente, nel Sud o nel Nord del mondo. Le Tristi Montagne Fumanti fumeranno insieme con i grattacieli delle Città per ristabilire una necessaria alleanza tra l’uomo e l’ambiente, tra l’uomo e l’altro da sé, tra l’uomo e i suoi simili. I monumenti, come vulcani assopiti da tempo e risvegliati dal dolore del mondo, torneranno a rendere esplicito la loro antica funzione: servire da monito, avviso a coloro che hanno dimenticato cosa si custodisce tra le loro architetture. Noi li faremo parlare con il linguaggio del fumo, «evanescenza colore del sangue», nel giorno in cui la torcia olimpica, simbolo bicefalo, di pace e ipocrisia, accenderà le Olimpiadi di Pechino. A sessant’anni esatti dalla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo la repressione in Tibet, durante un evento di portata globale, è divenuta il simbolo del fallimento e del tradimento dei governi mondiali: i princìpi allora ratificati sono stati e continuano ad essere, più o meno diplomaticamente, rinnegati.>

 

Nasce in redazione l’idea di partecipare alla manifestazione 

Per diverse cause di forza maggiore non avevamo potuto partecipare alla prima azione (alla quale però sapevamo avrebbero partecipato due distinti gruppi di alpinisti ferraresi).
Non volevamo assolutamente mancare però all’azione finale.

L’idea iniziale era stata quella di dare corpo ad un’iniziativa urbana, ma ci siamo subito resi conto di quanto sia difficile coinvolgere persone in un periodo dedicato alle ferie (programmate, prenotate, già stabilite…) ed allora, visto che la montagna non andava a Maometto, si è pensato che Maometto sarebbe dovuto andare alla montagna.
Con questi presupposti Leo (munitosi nel frattempo degli indispensabili fumogeni rossi) è partito la domenica 3 agosto per la sua già programmata settimana di vacanza a Forno di Zoldo con la moglie ed i tre figli.
Abbandonata per forza di cose la bozza del progetto di azione urbana, ha preso corpo un’altra idea: Leo con la famiglia sarebbe potuto salire al Rifugio Lagazuoi e da lì avrebbe effettuato il servizio fotografico verso la Cima Fanis Sud, raggiunta nel frattempo per la ferrata Cesco Tomaselli da Gabriele e Stefano dotati dei fumogeni rossi.
Un punto ottimamente visibile, essendo la Fanis Sud una torre ben slanciata e facilmente individuabile, oltretutto con la possibilità per Leo di riprendere altri punti di accensione annunciati sul vicino Monte Civetta e sulla Tofana di Rozes.
Con quest’idea nella testa Stefano e Gabriele sono partiti martedì 5 agosto puntando verso l’albergo La Baita in località Andraz, lungo la strada per Passo Falzarego.
Arrivati a La Baita abbiamo notato con sorpresa e piacere la bandiera tibetana esposta sul balcone al primo piano e la scritta rossa e nera “FREE TIBET” tracciata su di un lenzuolo bianco esposto a lato strada proprio davanti all’albergo.
Così abbiamo capito di essere arrivati nel posto “giusto”.

I dettagli dell’azione concordata a Ferrara sono poi stati messi a punto il mercoledì in una giornata arrampicatoria che ha visto Stefano, Leo e Gabriele salire in cordata prima su Punta Dallago e successivamente su Croda Negra Orientale.
Tutto è sembrato andare per il verso giusto il giorno seguente, ma le previsioni del tempo sono pian piano mutate in peggio rispetto all’inizio settimana ed è nato il timore che potesse essere vanificata l’azione prevista per le ore 13 di venerdì 8 agosto.
Così, con le previsioni aggiornate a giovedì, si è deciso di cambiare completamente strategia: cime più basse per scansare eventuali nuvole ed evitare possibili temporali su via ferrata, e vari punti di accensione suddividendoci i fumogeni fra Walter e Nives De Cassan (i gestori dell’albergo La Baita ) che non potevano ovviamente muoversi in piena “ora pranzo”, Leo con la famigliola sui ghiaioni sotto al Lagazuoi con fumogeno e striscione “FREEE TIBET”, oltre alla macchina fotografica con zoom per riprendere Gabriele sulla cima Croda Negra e Stefano sulla cima del Sass de Stria.

Suddividendoci i fumogeni sapevamo  che avremmo dato vita a “fumate” meno visibili da lontano, ma ci piaceva molto l’idea della condivisione dell’azione fra di noi, mescolati ai tanti che già l’avevano annunciata iscrivendosi all’elenco coordinato da Alberto Peruffo.
Se poi aggiungete che quando ci siamo trovati il venerdì mattina ci siamo subito accorti che Leo aveva acquistato sei Smoke 1, anziché i più grossi Smoke 3, a maggior ragione ci siamo consolati con la nostra idea della “condivisone” piuttosto che della “visualizzazione”.  
Una volta di più ci siamo convinti che contano azione e pensiero e con quell’idea ci siamo diretti ognuno verso il proprio obiettivo con immutato entusiasmo.  
Aggiungete anche il vento abbastanza forte che soffiando ha contribuito a disperdere il fumo dei nostri già piccoli fumogeni, ma non ha certo disperso né diminuito il nostro entusiasmo ed alla fine siamo stati contenti ed orgogliosi di avere partecipato a questa semplice ma significativa manifestazione di cui abbiamo condiviso intenzioni e significati.   

Ed ecco i dettagli dell’azione nel resoconto e nelle impressioni raccolte a fine giornata.

 

Intraigiarùn ignition team: first location
Albergo La Baita. Località Andraz. Quota 1600 metri 

Quando rientriamo a La Baita nel pomeriggio chiedo a Walter com’è andata l’accensione.  

<Avevamo una trentina di clienti in sala da pranzo, ma quando mancavano dieci minuti alle tredici abbiamo chiesto loro di pazientare un momento, stoppando il servizio ai tavoli. Sono salito al primo piano sul balcone dove era esposta la bandiera del Tibet e lì ho acceso il fumogeno, mentre mia sorella Nives e Giorgio (un cliente di Faenza) erano giù in strada a fare le foto di documentazione.>  

<Pensa che è arrivato pure il camion dei gelati in quel momento – incalza Nives ridendo divertita – ma nessuno ha dato retta all’autista il quale, visto che nessuno lo filava, ha atteso a braccia conserte che finissimo con il fumogeno e le fotografie.>  

<Appena terminato il fumogeno sono corso al tornante perché da lì si vede il Sass de Stria, ma sono arrivato tardi e non ho visto fumo sulla cima – continua a raccontare Walter – però avevo detto alla Cecilia (la signora che viene a fare le pulizie nelle camere) di guardare su col binocolo e lei ci ha detto che ha visto sventolare la bandiera del Tibet ed anche il fumo rosso.>

A questo punto gli chiedo come gli è venuta l’idea dello striscione esposto davanti all’albergo.  

<Quando la settimana scorsa ci hai detto che avevate intenzione di andare sulla Tomaselli per accendere i fumogeni sulla Fanis Sud sono andato a curiosare sul sito di Peruffo ed ho letto delle “Tristi montagne fumanti”.  
Così ho esposto la bandiera e poi ho mobilitato la Paola, mia madre, che mi ha preparato il lenzuolo bianco ed io sono andato a comprare la vernice per tracciare la scritta FREE TIBET. Poi abbiamo preparato anche il secondo lenzuolo che abbiamo prestato a voi per la vostra accensione e che pure rimarrà esposto a fianco dell’albergo
.>  

 

Intraigiarùn ignition team: second location
Ghiaioni di Passo Falzarego, sotto la parete del Lagazuoi. Quota 2150 metri
 

Visto il pericolo che le nuvole in quota impedissero la visuale mandando a monte la documentazione fotografica e considerata la scarsa duttilità del gruppo familiare di Leo, abbiamo individuato il grande ghiaione bianco sotto al Lagazuoi come il luogo policentrico ideale per seguire le fumate della Croda Negra e del Sass de Stria.  

Così, sbrigate le varie pipì dei bambini, la vestizione per via del freddo e soddisfatte le varie richieste di panini e bevande, il gruppetto si è avviato verso il ghiaione seguendo l’ampio sentiero che sale prima per la pista da sci che scende dalla cima del Lagazuoi e successivamente verso le postazioni di guerra chiamate Vonbank.  

Erano loro a portare lo striscione con la scritta FREE TIBET che ci aveva dato il Walter e che è stato steso in bella evidenza sul ghiaione poco sopra al sentiero.  

 

Intraigiarùn ignition team: third location
Cima di Croda Negra. Quota 2518 metri  

Mentre eravamo rimasti a Passo Falzarego ad accordarci ed a prepararci avevo notato con soddisfazione che le nuvole non impedivano la visibilità della cima del mio obiettivo.  
Purtroppo non avevo fatto i conti con “l’esiguità” dei miei due fumogeni, anche se ci eravamo già detti che erano piccoli, ed avevamo capito che le nostre cime non avrebbero fumato tanto.  

Devo dire che camminando tranquillamente verso la mia cima tutt’altri pensieri passavano per la mia mente, perché sentivo in me la soddisfazione per quanto stavo facendo e che il solo fatto di “fare qualcosa” vi conferiva valore, indipendentemente dalla quantità di fumo rosso che sarebbe stato prodotto dai fumogeni.  

Pensavo ad Alberto Peruffo che a Parigi era impegnato in un’azione ben più importante come impatto visivo e mediatico, ma con identiche motivazioni e gli stessi intenti.  
Sentire un’intima soddisfazione mi rendeva orgoglioso e mi faceva stare bene.  

Ero convinto di trovare la cima deserta ed invece, al mio arrivo a mezzogiorno e venti, c’erano già due escursionisti che parlavano fra loro in una lingua di cui non comprendevo una sola parola; erano seduti proprio a fianco del grande ometto di vetta, ma non me ne preoccupai troppo e pensai che se ne sarebbero andati prima delle tredici.  

Mangiai un boccone e poi cominciai a sistemare i fumogeni proprio fra i sassi che formavano l’ometto scegliendo le inquadrature che mi consentissero di centrare anche la cima del Sass de Stria ed il ghiaione sotto al Lagazuoi.  
Ogni tanto una raffica di vento abbastanza forte mi faceva ulteriormente disperare sulla buona riuscita della fumata, mentre le nuvole che ogni tanto avvolgevano le cime più alte confermavano che la nostra scelta di stare più in basso era stata valida.  
Dieci minuti prima delle tredici ci siamo telefonati per confermarci che tutto andava bene e Stefano comunicava che sul Sass de Stria aveva trovato un gruppetto proveniente da Montecchio Maggiore con tanto di bandiera tibetana e grossi fumogeni.  
Beh, almeno lui avrebbe “fumato” alla grande.  

Chiesi ai due escursionisti di spostarsi dall’ometto perché era ora dell’accensione, dando prova della mia abilità con le lingue straniere, inglese in particolare:  

<Attention… smoke… ignition… ore 13… free tibet...>  

Venerdì 8 agosto, ore 13, accendo il primo fumogeno ed ho la conferma che è piccolo, vedo il fumo levarsi dal Sass de Stria mentre fotografo, ma il vento lo disperde in fretta appena si alza ad un metro da terra.  
Purtroppo non è fotografabile, ma spero che Leo da sotto e con il cielo come sfondo vi riesca.
Accendo il secondo fumogeno mentre i due escursionisti a loro volta fanno le fotografie alla mia accensione ed a mia volta continuo a farle.  



E’ tutto molto rapido ed ho presto finito, così posso guardare verso le cime circostanti, ma non riesco ad individuare altre accensioni. Ripongo i resti dei fumogeni e chiedo ai due escursionisti di fare una foto vicino all’ometto, e loro poi la fanno a me.  
Ci presentiamo e riesco a capire che si chiamano entrambi George e che sono della Repubblica Ceca, della città di Pilsen, quella famosa per la birra.  
Alle tredici e venti parto verso il basso per ricongiungermi agli amici al Passo Falzarego.     

 

Intraigiarùn ignition team: fourth location
Cima di Sass de Stria. Quota 2477 metri
 

Anche Stefano era partito da solo, passo tranquillo, direttamente dal Passo Falzarego senza utilizzare l’auto per portarsi a Passo Valparola.  
A sera nell’attesa della cena gli chiedo qualcosa sulle sensazioni provate in giornata.  

<Ho visto parecchie cerimonie d’inaugurazione delle olimpiadi e non me ne ricordo nessuna in particolare, ma ricorderò di certo questa (che non ho visto) perché ero in cima al Sass de Stria ad accendere fumogeni rossi.  
Mi ha colpito molto il fatto di arrivare in cima ed incontrarmi con 5 o 6 persone sconosciute convenute nello stesso posto per un motivo esattamente uguale al mio, oltre ad essere nelle vicinanze di amici che condividevano la sensibilità che ci aveva spinto fin lì con quegli intenti.  
C’è stato subito un legame immediato: uno ha issato la bandiera, altri hanno iniziato a fotografare, abbiamo subito messo assieme i fumogeni per organizzare al meglio l’accensione.  
Mi piaceva anche pensare a Leo con moglie e bambini che esponevano lo striscione con la scritta FREE TIBET sul ghiaione sotto alla funivia del Lagazuoi.  
Era bello anche sapere che su ogni singola cima circostante avrebbe potuto esserci una potenziale accensione da parte di persone conosciute, ma mosse dagli stessi intenti.    
Così come mi piaceva pensare alla composizione variegata dell’intraigiarùn ignition team:  
il web master con famiglia al seguito;  
il redattore
, pensionato ed alpinista obsoleto;  
il collaboratore, ingegnere occupato in Germania ed in vacanza in Italia;  
l’albergatore sui generis che già di suo aveva esposto lo striscione con la scritta FREE TIBET.  

Mentre salivo da solo verso la cima riflettevo che per vari motivi (poca informazione e disinformazione soprattutto) noi sappiamo una minima parte di cosa succede in Tibet, ma il nostro gesto non sarebbe stato banale perché era come un invito alla riflessione ed anche all’approfondimento.  
Sappiamo di non poterci fare niente nel concreto, ma possiamo provare a cambiare o almeno ad aumentare la nostra sensibilità e capacità di comprensione e di riflessione.  
Questa “accensione” per me è stata come un minuto di raccoglimento, mi sento che ha avuto questo senso, di fermarsi per cercare di riflettere e capire meglio.  

Il fatto che lo abbiano fatto oltre 120 gruppi di accensione sia in Italia che all’estero dà ulteriore rilievo a questa iniziativa cui sono stato soddisfatto di partecipare
.>

Considerazione finale  

La foto che abbiamo fatto insieme al Passo Falzarego anche se con (purtroppo) un solo rappresentante del gruppo “Enrico Peruffo e Cai Montecchio” che ha operato sul Sass de Stria, simboleggia visibilmente quel punto di contatto che è stato creato non solo sul web, ma anche nel concreto là dove, come nel nostro caso, iniziative autonome provenienti da luoghi differenti si sono intersecate e unite.  

Un grazie e un riconoscente pensiero va ad Alberto Peruffo che con la sua creativa fantasia ed il suo grande entusiasmo ed impegno civile ci ha dato le motivazioni e fornito le ali per compiere questo entusiasmante “volo”.  

Il vento ha disperso il fumo, ma l’azione ed il suo significato hanno riempito i nostri cuori.

Passo Falzarego
Venerdì 8 agosto 2008